Earl è in carcere da una vita, e ci resterà ancora a lungo. Ma la cosa non sembra preoccuparlo più di tanto. Il suo è un mondo fatto di violenza e soprusi, razzismo e vendette, senza vincitori e senza speranza, ma in ogni caso è il suo mondo e a lui va bene così! Ron è un ragazzo di buona famiglia finito dentro per una questione di droga, inesperto e impulsivo troverà proprio nel vecchio e disincantato Earl una figura paterna che lo guiderà nei meandri di una società al di fuori della società, dove le regole sono ferree e violarle può voler dire la morte.
Una storia semplice, quasi banale, ma che proprio nella sua semplicità ha la sua forza, non ci sono fronzoli e orpelli, misteri o personaggi straordinari, ma solo poveri disperati con l’unico mistero della sopravvivenza. Tutto scorre via veloce in una sconvolgente e sconvolta quotidianità fatta di turni di lavoro e intrighi di cortile, traffici di droga e soprusi dei secondini, favori di sangue e concessioni di sesso, mentre il carcere, silenzioso e immutabile protagonista, mantiene il suo inspiegabile fascino narrativo.
Nessuna concessione alla retorica, nessuna possibilità di redenzione, nessuna speranza se non la fuga. Quello di Edward Bunker è un romanzo vero, sincero, che colpisce e fa male, disturba e convince. Veloce e secco nella struttura, cattivo nei dialoghi, disincantato nel finale, Animal Factory è il romanzo di un uomo che conosce il carcere, di un uomo che ha passato quasi vent’anni dietro le sbarre, che è stato il più giovane detenuto di San Quintino, e che era nella lista dei dieci uomini più ricercati d’America. Un uomo che ha saputo tirarsi fuori da quell’inferno di violenza grazie alle proprie capacità di narratore, e che come ogni buon scrittore parla di ciò che conosce… il carcere… la fabbrica degli animali. Bunker quando scrive non si atteggia a duro… è un duro. Non inventa nulla… ricorda!
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