Seven Swords, l’ultima fatica del grande regista hongkonghese Tsui Hark, è l’adattamento cinematografico di un classico di Liang Yu-Shen. Ambientato agli inizi del 1600, durante l’oppressivo e sanguinoso regno della dinastia Ching costituita dagli invasori del nord venuti dalla Manciuria, il film narra la storia di sette guerrieri, riunitisi per salvare un intero villaggio dal sicuro massacro voluto dall’ambizioso generale Fire-Wind (Sun Hong-Lei). Approfittando di un decreto imperiale volto all’abolizione delle arti marziali per debellare ogni possibile forma di rivolta in nuce, Fire-Wind intende infatti uccidere indistintamente sia i trasgressori della legge che chiunque non voglia piegarsi al suo potere militare. Le sue attenzioni si concentrano in particolare sul villaggio di Bowei Fortress, dove si nasconde un vecchio maestro di arti marziali che, visto il pericolo imminente, si reca insieme a due discepoli - fra cui la coraggiosa Wu Yuanyin (Charlie Young) - presso il Mount Heaven per cercare aiuto presso il maestro locale. Costui, compresa l’entità del pericolo, offrirà i servigi di quattro tra i suoi più valorosi aiutanti, tra quali spiccano il nobile Yang Yunchong (Leon Lai) e l’impetuoso Chu Zaonan (Donnie Yen). Così, unendo le forze dei quattro volontari a quelle dei tre abitanti del villaggio, il gruppo delle Sette Spade è formato. Molti saranno i pericoli da affrontare prima di giungere alla sfida finale con Fire-Wind e il suo esercito: fra oscuri tradimenti e rivalità di fazione, amori violenti o abortiti ancor prima di nascere e rivelazioni sul proprio passato, i Sette si ritroveranno alla fine uniti nel nome della giustizia e della libertà.
Girato nelle zone di Shanshan e Xinjiang con capitali cinesi, Seven Swords è un film d'azione che aspira a essere un grande prodotto commerciale e insieme artistico adatto a rilanciare le sorti del moribondo cinema hongkonghese, nonché la carriera del maestro Tsui Hark, già autore e/o produttore di alcuni tra i più grandi capolavori della seconda new wave in chiave kung fu e wuxiapian nel corso degli anni ‘90, quali ad esempio The Blade, la serie di Swordsman o quella altrettanto nota di Once Upon a Time in China. Deciso a proseguire l’avventura dei sette eroi in ben 6 sequel in caso di successo del primo capitolo, Tsui Hark ha sicuramente il grande merito di essere voluto tornare in Cina a girare film in piena libertà creativa dopo l’orribile parentesi hollywoodiana, diversamente da altri colleghi (leggi John Woo) ormai presi nelle maglie di un sistema volto a neutralizzare i talenti stranieri in prodotti di puro intrattenimento. Ciò premesso, Seven Swords non riesce tuttavia a convincere pienamente: l’impianto epico da opera di grande respiro internazionale sembra quasi di maniera e costruito a tavolino, così come le musiche suonano finte e posticce. Dal punto di vista della trama, inoltre, pochi sono i temi pienamente sviluppati nell’arco del film, forse anche per via dell’intenzione malcelata di voler dare un seguito alla vicenda con altre pellicole; il risultato però è una serie di trame parallele, il più delle volte soltanto accennate, che lasciano un’impressione d’incompiutezza che può risultare fastidiosa. Fra i personaggi, poche sono le personalità di spicco in grado di dare reali emozioni: paradossalmente (ma forse non troppo, viste le reazioni di simpatia del pubblico nei suoi confronti), il cattivo della situazione, il temuto e brutale Fire-Wind, ne esce meglio di tutti gli altri, se si eccettua il personaggio del guerriero Chu, interpretato magistralmente dal grandissimo Donnie Yen. In effetti, il nodo centrale del film ruota proprio attorno a queste due figure, in qualche modo complementari, e al loro comune amore per un’affascinante schiava, la misteriosa coreana Green Pearl (Kim So Yeon). Le sequenze che vedono Chu e Green Pearl conversare (in coreano) sul valore della libertà e sul potere che la schiavitù può avere sui nostri corpi e sulle nostre menti, sono sicuramente i momenti più toccanti e appassionanti del film in termini di efficacia della trama e della fotografia (notevole, come lo fu per The Blade, l’uso estremamente sensuale dei corpi), mentre gli scontri tra i due uomini - incluso il convincente combattimento finale - rimangono delle ulteriori prove di bravura (se mai ce ne fosse bisogno) del regista, qui coadiuvato da Lau Kar-Leung come action director. Lo stile visionario di Tsui Hark non si smentisce nelle elaborate coreografie dei combattimenti; la sequenza immediatamente precedente allo scontro finale contiene una piccola autocitazione dal celebre e straordinario combattimento tra Wong Fei Hung-Jet Li e il Generale Lan-Donnie Yen di Once Upon a Time in China II (e di cui Zhang Yimou si sarà sicuramente ricordato assoldando entrambi gli attori per il suo Hero), particolare che denota una lieve stanchezza creativa da parte di Tsui Hark ma che è riscattato nell’insieme dall’efficacia della scena successiva (nonostante la presenza certo non incoraggiante di Leon Lai, bellissima pop star della musica cantonese che però poco ha a che vedere con le arti marziali).
Nel complesso, Seven Swords è sicuramente un prodotto di buon livello, forse non all’altezza delle prove precedenti del regista in termini creativi ma comunque efficace come “macchina” commerciale d’autore. Restiamo in attesa della tanto agognata trasposizione cinematografica del classico Viaggio in Occidente, annunciata da Tsui Hark in simultanea con gli eventuali sequel di Seven Swords.
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