Sull’onda di un certo pruriginoso interesse per l’omicidio seriale, distributori e produttori cavalcano da ormai due anni il sottogenere biografico per quelle nuove produzioni che potremmo definire "serial thriller". Quasi sempre concepite per il mercato home video, queste pellicole hanno letteralmente inondato il mercato, ingrigendo di banalità e pattume un argomento di per sè molto interessante. Il valido Evilenko, recensito su queste stesse pagine, è purtroppo la degna eccezione che conferma una regola: quella dello standard medio basso per questi film. La palma come peggior serial thriller biografico finora uscito, invece, spetta di tutto diritto al prodotto uscito per la Peninsula Film: Dahmer – Il cannibale di Milwaukee diretto da David Jacobson. Potevamo passare degnamente sotto silenzio l’uscita di questo lavoro. Siamo invece fermamente convinti che, proprio per evitare a incauti appassionati del cinema e del genere biografico di imbattersi in un lavoro così deludente e ruffiano, sia invece il caso di parlarne in modo esaustivo, completo; serve mettere in guardia il grande pubblico da prodotti così, diciamolo, scadenti. Poche parole da spendere sulla trama. Il film cerca di ricostruire l’esistenza di Jeffrey Dahmer, giovane cannibale seriale che in poco più di un lustro ha ucciso, sezionato e divorato nel suo appartamento almeno 15 uomini. In un lungo, confusionario flashback, la pellicola ripercorre l’esistenza di questo inquietante cannibale seriale, tentando di sezionare le sue ossessioni e la sua follia in un percorso spezzettato, frammentario, che crede di coprire tutte le fasi salienti della vita di Dahmer. Questo si evince dalla “quarta di copertina” del DVD, confezionato in modo ammiccante, con digipack in rilievo molto, molto curato. Nella realtà il lavoro fatto è assolutamente confusionario. Un minestrone senza capo né coda, che rincorre piccoli frammenti di una esistenza, non è mai capace di motivare, spesso neppure di inquadrare gli snodi fondamentali dell’esistenza di questo omicida seriale. Un mosaico di piccoli avvenimenti, spesso mal documentati, si frappone alla consumazione di uno dei delitti di Dahmer, erroneamente spacciato nella pellicola per l’ultimo. Bypassati anche tutti gli spunti pruriginosi e splatter, il film non è neppure in grado di ricostruire in modo dignitoso il modus operandi dell’assassino (e questa è di sicuro un’altra enorme pecca per un serial thriller biografico), lasciando intendere tutt’altro. Neppure il momento dell’arresto, fondamentale nella biografia di Dahmer, o la sua morte, sono documentati in alcun modo. Ci chiediamo allora, in tutta onestà, a cosa serva una pellicola di questo tipo. La risposta è purtroppo di una semplicità e di una intuibilità estrema: mungere. Mungere la vacca finché ha latte sembra l’imperativo che muove produttori e registi scorretti e di gran lunga ignoranti. Fidando sull’effetto voyeur che anima una certa parte del popolo dei consumatori, galvanizzati dal successo di ottime pellicole quali Henry Pioggia di Sangue e American Psycho, questo stuolo di apprendisti stregoni crede di poter giocare con le vite, le esistenze, le storie di omicidi folli, furiosi, barocchi, trasformando vicende terribili in un circo raffazzonato, carnevalesco… uno spettacolo dove qualche verità si diluisce in una marea di improvvisazioni e approssimazioni. Una operazione becera. Nessuna nota da appuntare alla regia o alle scelte di produzione del film: grigiume, calma piatta. La fotografia è banale, il montaggio è sotto i limiti del televisivo, eliminando anche l’ultimo scoglio al quale potersi attaccare quando si cerca di tirar su un prodotto thriller. Niente… il Nulla avanza! Si aggiunga a questo, come se non bastasse, che il film è condito da una sconclusionata, inutile intervista a regista e attore principale, un Jeremy Renner poco ispirato, ingessato nella parte del fascinoso gay cannibale. Non una scheda biografica su Jeffrey Dahmer, non un contributo giornalistico… neppure 5 secondi di serietà. Niente. Viene da chiedersi quale sarà il destino del serial thriller biografico. Carne da mettere al fuoco se ne trova ancora… e succulenta. In produzione, fino agli inizi di questo anno, Gacy, la biografia del serial killer passato alla storia come Pogo the Clown, autore di 35 delitti omosessuali. Ancora da sviscerare le esistenze di altri temibili assassini in serie. Resta da capire con quale spirito queste operazioni verranno condotte: onestà e voglia di sfornare un prodotto valido o pattume commerciale della peggior specie? Staremo a vedere. Nel frattempo sconsigliamo con tutto il cuore di accostarsi, seppure per noleggiarlo, a un prodotto come Dahmer.

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