Un reporter bostoniano alla caccia dell’assassino…
Londra, anni Venti. In un camerino dell’Alhambra Hall “Il cadavere dell’uomo che era stato William Power oscillava in alto sopra la testa di Hale, appeso per il collo all’estremità di un capestro, bluastro il volto, con gli occhi sporgenti dalle orbite. Sotto il lugubre pendolo del corpo giaceva, rovesciata, una sedia”. Precisiamo. William Power era un escapista noto come “lo Houdini inglese” e Hale, o meglio Enoch Hale, è un giornalista americano che scrive per il Central Press Syndacate.
Sembra un suicidio. Invece trattasi di un vero e proprio omicidio, secondo le deduzioni di Henry Wiggins, ispettore capo di Scotland Yard. A trovare il corpo la cantante Sadie Briggs che farà la conoscenza del nostro bravo giornalista e del suo amico poeta Tom Eliot immerso nella lettura di Poirot a Styles Court. Intanto un altro impiccato, questa volta in Air Street: tale Madame Sosostris, chiaroveggente con la carta della Morte in mano. Urge l’incontro con Langdale Pike che sa tutto dei pettegolezzi sulle persone che vanno a farsi predire il futuro da lei. Tra le quali (udite, udite) si annoverano Winston Churchill, George Bernard Shaw, Sarah Bernhardt ed Edward Bridgewater, conte di Sedgewood, tutti membri del Ghost Club (in seguito incontreremo anche Hitchcock agli inizi della carriera cinematografica). Altro morto ammazzato con le stesse modalità, un furfantello pure lui come gli altri due (la chiaroveggente ricattava i pezzi grossi), e un signor M. dei servizi segreti (addirittura) che cerca di frenare il nostro Hale.
Domanda continua e insistente “Da che cosa sono collegate le tre vittime tutte irlandesi?” (ne arriverà pure un’altra). Hale sempre in giro a cercare indizi ma la faccenda è troppo complicata. Allora via, insieme alla bella Sadie (tra i due è scoccata la scintilla), da Sherlock Holmes che se ne sta tranquillo nel Sussex dietro alle api in compagnia del dottor Watson. Ma…sorpresa. Il Detective è ritornato a Londra che gli eventi del cosiddetto Boia giustiziere (idea di Watson) lo hanno incuriosito. E qui mi fermo.
Racconto dallo stile leggero e gradevole con giusti colpi di scena e citazione degli scacchi (pag.97/98) che fanno sempre trillare il sottoscritto. Come scrive Luigi Pachì nella sua rubrica sotto riportata “A conti fatti abbiamo un libro che può piacere a chi ama mistero e azione, ritmo e arguzia, ma anche a chi ha voglia di cercare riferimenti sottili e intelligenti al Canone di Doyle. In più, un po’ inaspettatamente, può essere apprezzato anche da coloro che amano i classici letterari e gli scrittori del Ventesimo secolo.” Sottoscrivo.
A fine vicenda abbiamo “Una nota per i curiosi” sui personaggi storici che vi compaiono, inoltre per “Sotto la lente di Sherlock” ecco “Il detective e il giornalista” di Luigi Pachì, ricco di spunti sul libro e sugli autori. Per concludere “La logica e l’immaginazione: il contributo di Arthur Conan Doyle alla nascita dell’investigazione scientifica” di Luca Marrone. Così avremo l’opportunità di conoscere altri personaggi, ritenuti i padri della disciplina scientifica, come il criminologo e medico Alexandre Lacassagne, il criminologo e criminalista Edmond Locard, avidi lettori di Doyle, fino ad arrivare ad Edgar Allan Poe convinto “ che l’uomo veramente dotato di immaginazione non è altro che un analista.”
Buona lettura.
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