Avete presente Donna Leon, Magdalen Nabb, Michael Dibdin? Quegli autori anglosassoni cioè che hanno pensato bene di utilizzare l’Italia come splendida location per i loro noir e che hanno avuto un discreto successo anche nel nostro paese?
Ebbene Jonathan Holt, esordiente inglese di cui le scarne note di terza di copertina ci dicono ben poco, si è aggiunto a quell’esigua ma combattiva schiera con questo primo capitolo di una trilogia di cui il secondo volume, Profanato, è giù uscito in Italia nel 2014 e il terzo, Giustiziato, è da pochi giorni in libreria.
Il quintetto di protagonisti è, a dir poco, eccentrico.
Il colonnello dei Carabinieri Aldo Piola è un maturo e affascinante ufficiale amante dei vestiti firmati e delle belle donne e, tra un’indagine e l’altra, sembra non lasciarsi sfuggire nessuna occasione per socializzare con l’altro sesso.
Il capitano dei Carabinieri Caterina “Cate” Taddei è un’ammaliante brunetta dai costumi sessuali assai disinvolti che la fanno passare senza problemi da un appuntamento all’altro con uomini di una sola serata.
Il sottotenente dell’esercito degli USA Holly Boland è invece una biondina poco più che ventenne, mezza italiana in virtù del fatto che suo padre ha prestato servizio a lungo dalle parti di Pisa; molto riservata nelle faccende di cuore, fa sorgere più d’un sospetto sulle sue preferenze sessuali.
Daniele Barbo è il rampollo quarantenne di una nobile e ricca famiglia veneziana, rapito da bimbo e parzialmente mutilato di orecchie e naso, che ha messo a frutto la sua naturale sociopatia e l’interesse per gli studi matematici creando un sito social pressoché inaccessibile agli hacker, ma anche alle forze dell’ordine: “Carnivia”. Quello che, tra l’altro, dà il nome alla trilogia e che esiste nella realtà (www.carnivia.com) per accompagnare il successo letterario della serie.
Infine c’è Ian Gilroy, ex agente della CIA apparentemente in pensione, che protegge Holly perché conosceva il padre e che è legalmente il tutore di Daniele, sempre per via della conoscenza coi genitori di lui.
Un’aggrovigliatissima vicenda in cui vengono shakerati in dosi massicce misteriose donne-sacerdote, riti esoterici, preti-psicanalisti, la guerra civile nell’ex Jugoslavia, l’ingombrante presenza militare statunitense nel Veneto, l’insinuante e pervasiva influenza del Vaticano, un po’ di criminalità comune, di sesso (soprattutto tra i due carabinieri) e di gergo da smanettoni si scioglie, miracolosamente, nelle ultime pagine, non senza lasciare un’abile esca per la puntata successiva della serie.
Cosa dire?
Il romanzo, forse perché d’esordio – il secondo ci è sembrato più equilibrato nell’intreccio – mette troppa carne al fuoco: con molto meno sarebbe stato possibile costruire un intero ciclo. L’autore poi, pur mostrando di conoscere abbastanza a fondo le cose di casa nostra, eccede spesso: mettendo in scena ad esempio troppo folklore locale (dalla gastronomia e toponomastica veneziana a un po’ di parole in italiano sparse qua e là nell’originale inglese) a uso e consumo del pubblico internazionale; e per lo stesso motivo la semplificazione è sempre dietro l’angolo: la criminalità è sempre fatta risalire alla mafia, il pregiudizio anticlericale se non anticattolico (pare essere ai tempi del romanzo gotico del 1700!) è onnipresente, l’antipatia per la politica americana in generale e sullo scacchiere europeo è marcata e, soprattutto, alcuni snodi della nostra storia vengono trattati con un piglio un po’ troppo disinvolto. I protagonisti sono tutti al di sopra delle righe: passi per l’hacker sociopatico che è stato ormai sdoganato dal successo della Lisbeth Salander di Stieg Larsson; ma la quasi ninfomane Cate è credibile, conoscendo l’Arma, come un pistolero ciociaro in uno spaghetti-western; e la coppia di americani, Boland e Gilroy, sembrano usciti da un film liberal hollywoodiano che vuole inchiodare la “cattiva” politica repubblicana, ma vuole salvare i principi immortali del patriottismo USA. Sul colonnello Piola, perspicace nella detection e completamente in balia dei propri, declinanti ormoni (basta uno sguardo alle gambe nude della Taddei e allo smalto rosso sulle unghie dei suoi piedi per decidersi a buttare a mare – temporaneamente – moglie e figli), meglio stendere un velo pietoso.
Avremmo avuto la tentazione di dare una sonora insufficienza al libro, ma la lettura, in sequenza diretta, del secondo episodio della trilogia, e qualche legittima speranza sulla terza puntata, che assaggeremo in questi giorni, ci fa essere più buoni.
Con la speranza di non pentirci.
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