Niente prepara il lettore alle tinte fosche e nerissime di questo romanzo. All'atmosfera che diventa sempre più irrespirabile e alla sensazione di profonda angoscia e infinito malessere che disturba chi lo legge.
Non la bella copertina di Silvana Amato che ritrae un momento che sembra felice e spensierato. Nemmeno la trama è indicativa, sebbene qualche riferimento alla storia lo dia: in un piccolo paese veneto, Brondolo, sul delta del Brenta, si consuma un'ultima estate di cinque bambini. Siamo nel 1961, l'anno dell'uscita della canzone Stand by me (anche se in Italia sarebbe stata portata al successo da Adriano Celentano con il titolo Pregherò, con un'incisione dell'anno dopo) che, anche se non viene mai menzionata, non può non venire in mente a chi ha visto il film tratto dal racconto di Stephen King.
Quattro ragazzini di circa dodici anni e il fratello di uno di loro di qualche anno più piccolo, mal sopportato dal gruppo ma difeso sempre dal fratello più grande, sono i protagonisti di quella estate torrida ma che inizia benissimo con la fine della scuola, con la loro vita quotidiana che si tinge di allegria, di giochi e di complicità. Partite interminabili a calcio, corse a perdifiato per i campi, una base segreta dove incontrarsi, le prime sigarette fumate di nascosto dagli adulti e i primi turbamenti verso l'altro sesso, i primi palpiti verso la crescita che li attende.
Ma soprattutto l'amicizia, quella con la a maiuscola, quella virile, quella vera e in cui si crede con tutta la propria forza, con tutta l'innocenza e l'energia di quell'età.
Ma Brondolo sembra il paese degli orchi. Lo stacco generazionale fra i dodicenni e gli adulti è enorme, profondo e insanabile. Esploderà, non potrà che deflagrare in tutta la sua crudezza e bestialità alla scomparsa del bambino più piccolo del gruppo.
Ed è in quelle pagine, quelle che seguono l'inspiegabile scomparsa che il lettore vorrebbe poter intervenire, spettatore inerme e immobile come i ragazzi che durante quell'estate assisteranno impotenti a una perdita irreparabile e a un sentimento luttuoso che si fa strada dentro di loro, impossibile da elaborare.
Anche l'idea consolatoria e illusoria che Narciso, il bambino più piccolo, possa essere ricomparso nelle forme di un cane simpatico e affettuoso che appare proprio mentre dell'altro si sono perse tutte le tracce verrà loro drammaticamente estirpata dagli adulti.
Si tratta di un romanzo difficilmente classificabile, dicevamo.
Ben descritta l'ambientazione e ben costruiti i personaggi, sia i bambini che gli adulti, le voci del paese e i vari ruoli che alcune persone rappresentano, i personaggi che assistono, seduti a bere al bar, il prete, la levatrice per fare qualche esempio.
Ma degli adulti se ne salva solo uno, il nonno del protagonista, a ricordarci ogni volta come dovrebbe essere il rapporto tra adulti e ragazzini e come invece, dolorosamente, non è a Brondolo in quella calda estate del 1961.
Questa non è la storia di una crescita ma la vicenda di un annientamento. In questo romanzo i ragazzini, purtroppo, non ce la faranno a salvare il mondo. Forse, con difficoltà, qualcuno riuscirà almeno a salvare se stesso.
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