Credo sia il primo romanzo di Massimo Carlotto in cui l’Alligatore e suoi compagni, protagonisti della lunga serie di romanzi dello scrittore padovano, e Giorgio Pellegrini, il terribile e abietto protagonista di “Arrivederci amore, ciao” e “Alla fine di un giorno noioso”, s’incontrano, anzi si scontrano. Parlo de “La banda degli amanti”, edito da e/o, da qualche settimana in libreria. Un romanzo avvincente, reso tale anche da una scrittura secca, essenziale, priva di fronzoli, che va subito al sodo dei fatti, mescolando vicende individuali a spaccati sociali di un certo veneto oscuro che solo i romanzi noir di Carlotto riesce a smascherare portando in superficie un marcio che altrimenti resterebbe ben nascosto tra le pieghe di un perbenismo di facciata.
Quanti hanno letto i romanzi citati sa chi è Giorgio Pellegrini. Un ex carcerato che, una volta tornato in libertà, fa uso spregiudicato della violenza con la quale, mettendosi al servizio di un politico di grido, trova la strada per vivere di ricatti e, con questi, arricchirsi. Non senza darsi l’immagine della persona rispettabile aprendo e conducendo un ristorante di classe, mentre continua la sua attività criminale e un menage a trois all’insegna di un sadomasochismo dai connotati tutt’altro che giocosi, in cui la moglie per pura cattiveria è costretta ad assistere a umilianti atti sessuali con l’amante e altre piacevolezze che sono tali solo per lui e non certo per le due donne. Ma è tale il suo dominio su di esse che un atto di ribellione costerebbe loro anche la vita.
Negli ultimi tempi, accanto all’attività di ristorazione, Giorgio Pellegrini ha messo su un’altra attività: quella di ricattare danarosi amanti clandestini, pena la rivelazione pubblica della loro tresca. Lo scopriremo a metà romanzo circa che è lui l’organizzatore dei ricatti. All’inizio abbiamo invece l’Alligatore e i suoi che vengono contattati da una ricca borghese perché rintraccino il suo amante improvvisamente scomparso e per la cui restituzione le era stata richiesta una ingente somma.
Sempre coloro che hanno letto i romanzi dell’Alligatore, alias Marco Buratti, che scrive in prima persona, sa come si muovono lui e i suoi amici Max la Memoria (ho il vago sospetto - aspetto conferma - che quest’ultimo personaggio abbia molto a che fare con la figura e la storia personale dell’autore!) e lo straordinario Beniamino Rossini, un bandito all’antica dal cuore grande e un codice d’onore che informa tutta l’attività dei tre amici. Si muovono cioè come investigatori senza licenza, a filo dell’illegalità, con l’intento sacrosanto però di trovare verità e giustizia.
Qui, all’inizio, l’Alligatore è un po’ restio a tornare in campo. Sono successe diverse cose negli ultimi tempi, non ultima il suicidio dell’amata Sylvie, che non sopportava più di vivere per le umiliazioni e le violenze subite nel corpo e nell’anima, nonostante “l’amore infinito di Beniamino”. Un suicidio drammatico a cui gli amici, in nome della libera scelta di ciascuno, assistono senza intervenire dopo un ultimo brindisi voluto da lei. E rifiuta l’incarico. L’inattività però deprime in particolare Max la Memoria che alla fine spinge Marco Buratti ad accettare l’incarico. Il quale, naturalmente, diventerà del tutto succolento quando si troveranno a dover fare i conti con un criminale senza onore e abietto come Giorgio Pellegrini, dal momento in cui scopriranno essere lui il capo della Banda degli amanti.
L’intera storia poi s’infila in questa sfida tra il bene e il male che, tra vari colpi di scena, darà accelerazione al ritmo del romanzo, il cui finale lascia intendere nuove sfide future tra L’Alligatore e compagni e Giorgio Pellegrini, messo alle strette, in fuga e in cerca di una nuova identità.
Ma tutto ciò lasciamolo scoprire al lettore.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID