Qualche tempo fa, facendo zapping su FB, ho raccolto le osservazioni di uno scrittore bolognese e dei suoi amici sulla scarsa qualità degli e-book, nel senso della non osservanza delle regole editoriali. Sul banco degli imputati, in particolare, gli “a capo”.
L'autore si era informato e dalle sue ricerche risultava si trattasse di un problema, ben conosciuto da chi produce gli ebook, relativo al software. Ma mentre l'elemento “tecnico” è rimediabile con una messa a punto del programma, che dire delle imprecisioni, per non parlare degli errori veri e propri nella consecutio temporum, nell'ortografia di vocaboli e locuzioni appena un po' desuete che si trovano nei romanzi stampati?
In molti casi basterebbe che l'autore, in preda a qualche sano dubbio, consultasse un dizionario online: se ne trovano di ottimi.
L'autore non si accorge degli errori, è evidente, altrimenti li correggerebbe. Quelle mitiche figure chiamate editor, che oltre che correggere i testi sapevano consigliare, assottigliare, aggiustare, per arrivare al confezionamento di un buon prodotto, non solo nell'interesse della casa editrice ma anche dell'autore stesso, dove sono?
La risposta è perfino scontata nella sua semplicità.
Anche nel caso dell'editoria tradizionale assistiamo da tempo a tagli dei costi di editing e sul sistema dei “controlli qualità” del testo. Il lavoro di revisione, nella migliore delle ipotesi, viene assegnato all'esterno. Nella peggiore, non viene svolto e si pubblica quello che l'autore ha inviato. E non parliamo di editoria a pagamento.
I risultati sono sotto gli occhi dei lettori.
E se i lettori accaniti e volenterosi segnalassero a un indirizzo mail approntato dagli editori ciò che a loro giudizio è sbagliato?
Come vedete questa proposta?
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