Coloro che si dedicano alla scrittura o alle sceneggiature di thriller conoscono bene la regola delle tre esse. Infatti, gli autori sanno che per realizzare un buon prodotto devono inserire le tre componenti che accendono o stimolano l’attenzione dei lettori o dei telespettatori, ovvero: sesso, soldi e sangue.
Noi di Real Crime, che siamo abituati a scrivere di avvenimenti veri, quando abbiamo appreso di questo caso, abbiamo scoperto come il destino era stato capace, nella sua drammaticità, di scrivere un caso con le caratteristiche salienti delle tre esse.
Desio, comune di quarantamila abitanti, inserito nella zona industriale della Brianza. 14 Novembre del 2011, via Bramante d'Urbino 1. Una donna su linea 118, ha chiamato una ambulanza. Ha trovato il cadavere, riverso sulla scrivania, del suo compagno. Per il personale sanitario non c’è nulla da fare, l’uomo è morto con sei colpi di pistola. Questo è un lavoro per i carabinieri, che nel frattempo sono arrivati con una pattuglia radiomobile.
I militari, identificata la vittima, hanno subito chiaro che l’omicidio è un caso complesso. Al terminale risulta che Paolo Vivacqua, 51 anni, residente in Brianza, ma originario di un paesino dell’agrigentino, ha qualche precedente penale di poco conto, ma di contro le modalità dell’assassinio sono quelle tipiche dell’omicidio di mafia.
Terminati i rilievi, sulla scena del crimine, appare evidente che l’uomo è stato attinto da sei colpi da arma da fuoco, calibro 7,65. Altro elemento che non sfugge agli investigatori è il luogo dell’omicidio, infatti, si trova non molto lontano dalla Cava Molinara, zona in cui erano state interrate valanghe di rifiuti tossici dai clan calabresi. Le sorprese negli accertamenti per i carabinieri sembrano non finire: Vivacqua infatti risulta residente a Lugano e domiciliato a Carate Brianza, ma il suo cognome a Desio è legato alla vicenda di una villa abusiva, costruita nella zona della città ma nota per le violazioni urbanistiche.
Sul posto, tra i palazzoni, dove aveva sede l’ufficio nel quale è stato ritrovato il cadavere, giungono i tre figli dell’imprenditore, sono furiosi. Non si danno pace, non comprendono il motivo dell’uccisione del loro padre. E’ proprio dai figli che bisogna iniziare le indagini. I carabinieri sanno bene come funziona in questi casi. Le dichiarazioni dei tre uomini presi dallo sconforto e dalla rabbia iniziale possono essere determinanti.
Più gli investigatori scavano nella vita dell’uomo e più sono gli elementi che spostano l’eventuale movente dell’omicidio da una vicenda all’altra. Dalle informazioni ricevute dall’Arma di Ravanusa, provincia di Agrigento, i carabinieri apprendono che Paolo Vivacqua, era chiamato dai suoi compaesani il «Berlusconi di Ravanusa». In Brianza aveva fondato il suo impero - di svariate decine di milioni di euro - partendo dal commercio di rottami. E poi arriva anche il colpo di scena. I carabinieri, durante un perquisizione domiciliare, non si sarebbero mai aspettati di trovare dentro la cassaforte della vittima dei documenti che parlano di un piano regolatore e di tangenti.
Gli investigatori raccolgono gli incartamenti e li analizzano assieme al magistrato. Accertano che sono state pagate delle mazzette per la variazione del piano regolatore del comune di Carate. Il gioco è sempre lo stesso: si trasformano, grazie al pagamento di sostanziose tangenti, delle aree da agricole di scarsissimo valore, in lucrose zone commerciali e residenziali. Si parla di 5,1 milioni per l’acquisto dei terreni dove avviare l’attività. I soldi che a quanto pare sarebbero finiti presto all’estero, in società più o meno fittizie.
Se in questa ricostruzione abbiamo letto delle prime due esse della storia, ovvero sangue e soldi, i lettori si chiederanno che fine abbia fatto la terza esse, ovvero l’iniziale della parola “sesso”.
L’indagine sull’uccisione del Vivacqua, dopo aver solcato i marosi dei numerosi affari, ma soprattutto dei malaffari della vittima, approda anche su un aspetto di cui si deve tenere conto in una indagine di omicidio, ovvero i rapporti familiari. I carabinieri ricostruiscono nell’immediato la storia sentimentale della moglie di Vivacqua. Durante una intercettazione telefonica Germania Biondo, con la madre esprime molto chiaramente il suo astio verso il marito, che l’ha lasciata per una donna più giovane e soprattutto l’ha esclusa dalle attività economiche.
I carabinieri si interrogano legittimamente: “che sia questo il movente dell’omicidio?”. Da quel momento cominciano a scavare nella vita e nelle attività dell’ex moglie della vittima. Nel loro dossier hanno ben definita la situazione di Germania Biondo. La donna è nata nel 1966, nella cittadina tedesca di Volkingen. Tornata nella sua Ravanusa da adolescente, conosce Paolo Vivacqua. Tra i due nasce una tenera storia d’amore e la ragazza a soli 16 anni rimane incinta. Dopo un matrimonio riparatore (la classica fuitina) i due partono per Desio, dove si stabiliscono. Qui Vivacqua, con un’attività di commercio di rottami, costruisce un vero e proprio impero. Guadagna montagne di soldi in contanti che vengono riciclati in diverse attività illecite, anche all’estero. Germania con i suoi tre figli vive nel lusso, dimenticando il passato da povera. Ma sfortunatamente per la donna, il marito si innamora e si unisce a Lavinia Malahache, romena venticinquenne. Nel frattempo l’ex moglie tradita e lasciata, inizia, sempre secondo le indagini dei carabinieri, una relazione con tale Diego Barba, professione investigatore privato.
La relazione tra i due si è fatta più stretta, sopratutto dopo l’unione tra Paolo e Lavinia, al punto che Barba si presta ad aiutare la donna in tutti i modi. Forse anche nel proposito di rivolgersi all’amico Salvino La Rocca, per trovare i killer perfetti. Secondo l’accusa è proprio Salvino La Rocca che contatta due soggetti: Antonio Giarrana e Antonio Radaelli. Gli promette una ricompensa di 60mila euro, che sarebbero stati finanziati da Diego Barba, per uccidere Vivacqua. I due verranno considerati gli esecutori materiali dell’omicidio.
La Procura della Repubblica raccoglie le informazioni, le intercettazioni e tutto il materiale probatorio prodotto dai Carabinieri. Spedisce un cospicuo dossier al G.I.P. con la richiesta di esecuzioni di custodia cautelare per la moglie della vittima, l’amante di quest’ultima, dell’intermediario e dei due esecutori materiali. Con l’arresto dei cinque personaggi siamo all’epilogo di questa terribile storia di sangue, soldi e di sesso.
Ma la storia non è ancora terminata perché gli investigatori stanno cercando la quarta parola che inizia per esse. Si tratta di una cifra, esattamente “sei milioni di euro”, spariti dal conto del Vivacqua ed ancora non trovati.
Questa, purtroppo, non è una sceneggiatura di un film, né tantomeno un libro, ma lo ribadiamo, è una storia vera, scritta dal destino, che non rispetta le regole fittiziamente precostituite delle tre esse.
(Un ringraziamento a Giò Di Falco)
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