Dopo l’avventura messicana la Legione era tornata nel Vecchio Continente e negli accampamenti algerini, ancora ben lungi dal costituire un rifugio sicuro. Stava evolvendosi tuttavia una situazione internazionale tutt’altro che pacifica. Napoleone III, nel 1870, cade nella trappola tesagli dal cancelliere Biskmarck e si impegna imprudentemente in una guerra con la Prussia. L’esercito francese non è tecnicamente preparato ad affrontare i tedeschi e la campagna finisce presto in una disfatta totale. Dopo una serie di batoste, l’imperatore è costretto a firmare un armistizio a Sedan. Da ciò scaturisce un profondo e definitivo cambiamento dell’assetto politico francese. Il 4 settembre del 1870 viene proclamata la repubblica. Il governo provvisorio coglie l’occasione per riprendere la lotta e scacciare i prussiani dai territori occupati. L’esercito non è sufficiente, vengono creati battaglioni di volontari.
Dal Nord Africa il 5° Reggimento Straniero si schiera per affrontare bavaresi e prussiani. Lo scontro avviene davanti all’occupata Orleans il 10 di ottobre. Disfatta totale, circondati e costretti a battersi sino alla fine, i legionari vengono annientati. Un terzo degli uomini riesce comunque ad attraversare le linee nemiche e a ricongiungersi con i rinforzi appena arrivati dall’Algeria a Bourges. Riorganizzato, il novo reggimento della Legione si prepara alla battaglia di Coulmiers, in seguito alla quale i prussiani vengono cacciati da Orleans. Comincia però il 1871, rimasto negli annali della legione come “l’anno senza gloria”, durante il quale i legionari sono testimoni di un nuovo armistizio con la Prussia e persino impiegati nella repressione della rivolta dei comunardi a Parigi.
Nel giugno del 1871 la legione torna in Algeria. La regione è ancora in mano a bande di briganti berberi e costituisce solo di fatto un possedimento sicuro della Francia, i disordini e le imboscate si succedono sino al 1881 quando la Francia perde, di fatto, il controllo della situazione nella regione a sud di Orano. A questo punto la Legione è chiamata a ristabilire l’ordine. Ed è proprio in questo contesto che una nuova battaglia disperata ne riaccenderà la fiamma della leggenda e dell’onore.
Siamo nell’aprile del 1882. Una missione di rilevamento topografico francese viene inviata nella zona al confine con il Marocco, tra Ain-ben Khebil e Frothassa-Garbia. I genieri sono scortati da un plotone della Legione e da uno di “cacciatori d’Africa”, al comando del capitano de Castires.
Durante le prime ore dell’alba il distaccamento attraversa una regione impervia e desertica. Di colpo l’aria del deserto risuona delle grida di guerra dei predoni marocchini. Migliaia di uomini a piedi e a cavallo che sembrano vomitati dalla sabbia stessa. Peri 150 uomini del convoglio la situazione diventa subito critica. Il primo forte si trova a 50 chilometri, impossibile ricevere soccorsi. Comincia un combattimento all’ultimo sangue, nel quale il nemico tiene il terreno migliore. I berberi tirano dalle alture mentre i cavalleggeri marocchini fendono le fila dei legionari con cariche micidiali. Presto i cannoni del distaccamento diventano inutili e lo scontro degenera in un corpo a corpo alla baionetta. più di un terso dei legionari cade e il drappello sembra sull’orlo della disfatta. Qui emerge la figura di un veterano, il sergente Bastieux, che prende il comando dei sopravvissuti e li guida verso la riscossa. Organizza un bastione di resistenza e respinge una carica di cavalleria. Il gruppetto si acquartiera su un’altura ma, appena preso un attimo di respiro, arrivano altre migliaia di avversari. L’estrema linea di difesa cade, sommersa dagli avversari. Bastieux viene macellato dai predoni.
Il capitano Barbier, rimasto l’unico ufficiale, riesce a trasportare i sopravvissuti sino a un punto più elevato tra le alture di Chott Tigri. L’ufficiale cade prima di riuscire a mettere in sicurezza l’altura. Comincia così un assedio della durata di sette ore, contentivi di sortita e l’invio di staffette al forte più vicino. Sempre di meno, feriti e ormai a corto di munizioni. I legionari e ciò che resta dei cacciatori d’Africa, resistono alle cariche ormai sempre meno ficcanti dei predoni. Questi sono occupati principalmente a saccheggiare il convoglio. È così che dopo una resistenza disperata arrivano, come nel finale del più classico dei film d’avventura, i rinforzi. Dal forte i legionari hanno percorso 50 chilometri in una notte. l’ingaggio con i predoni è breve e, grazie alle armi più moderne e allo spirito di corpo i legionari riescono a ricongiungersi con gli assediati. Questi ormai sono ridotti ai minimi termini. 49 caduti e 28 feriti. Sul campo i morti restano orribilmente massacrati dalla furia delle donne berbere. Il capitano Barbier viene recuperato con 9 palle di fucile in corpo e 7 colpi di spada.
Da questo episodio parte in seguito una riscossa della legione che, galvanizzata, dall’eroica resistenza dei veterani, in pochissimo tempo disperde oltre il confine le bande dei berberi e pacifica definitivamente il territorio d’Algeria. L’onore della Legione, ancora una volta è ristabilito.
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