C’è un trucco nell’ultimo giallo di Domenico Cacopardo “Il delitto dell’Immacolata”, edito da Marsilio, un trucco per altro già utilizzato da Agata Christie e Patrick Quentin che, naturalmente, non riveliamo. Ma è indubbio che questo romanzo dello scrittore siciliano è uno tra i migliori, se non forse proprio il migliore, che ha scritto: avvincente fin dalle prime pagine, equilibrato nelle varie parti che possono sembrare, ma non lo sono affatto, di contorno, in particolare quelle di carattere erotico, ben caratterizzati i personaggi e la loro psicologia, straordinaria l’ambientazione di una Sicilia d’epoca (gli anni Settanta), in quel di Letojanni, paese originario della famiglia dell’autore, il tutto filtrato attraverso una scrittura che dal dialetto siculo trae ritmo e dà sostanza alla pagina.
La trama, raccontata in prima persona dal protagonista, è riassumibile in poche battute: un ventenne, Filippo Solimèni, detto Lollo, è il giovane amante di una donna molto più matura di lui, seppur sempre giovane, trentaduenne. Si chiama Immacolata Pianuzza, sposata a Gerardo Barbalonga Chirò, un insegnante di musica che la lascia molte ore sola a casa. Donna di belle forme e sensuale, sa come far godere il ragazzo al quale insegna l’arte di amare, ma senza mai permettere di lasciarsi coinvolgere dall’amore, che porterebbe entrambi alla rovina. Gli innamorati - la donna lo sa bene - sono sempre pericolosi quando la relazione è una tresca clandestina. A un certo momento, però, Immacolata viene trovata morta, strangolata. E ad essere accusato è proprio Lollo. Nonostante le cautele, qualcuno sapeva che il ragazzo s’incontrava con la donna. E quel qualcuno erano due sorelle, vicine di casa, Lia e Lisa, pettegole di loro, ma anche alle quali Lollo non dispiaceva affatto ed erano invidiose del fatto che, nonostante gli ammiccamenti che usavano nei suoi confronti, lui le snobbasse.
Arrestato, il processo vedrà in campo, nella veste di cugino di Lollo, quel Italo Agrò, protagonista di quasi tutti i romanzi di Cacopardo, qui defilato, ancora lontano dal diventare magistrato, e in quel momento giovane praticante procuratore dell’avvocato Priscianotto, difensore di Lollo. Quest’ultimo, alla fine, verrà assolto, mentre del reato verrà imputato un altro uomo al quale Immacolata si concedeva fino a restare incinta di lui. Le prove del DNA assunte dal feto scagioneranno Lollo, il quale tornerà libero, ma con un proposito ben determinato: vendicarsi delle due sorelle che hanno testimoniato contro di lui e che gli hanno fatto correre il rischio di anni di galera, oltre ai giorni che già vi aveva trascorso.
Il piano di Lollo è molto crudele: fingersi innamorato di una di loro, la più bella, Lia, la quale, felice e, lei sì, innamorata, gli si concede ma in forme e modi che salvaguardino la sua verginità per il primo giorno di matrimonio, anche con Lollo, se sarà lui a impalmarla. Qui Cacopardo si sbizzarrisce con sapienza nella descrizione dei giochi sessuali sostenuti da un linguaggio a cui il tono siciliano regala al lettore raffinato divertimento. Solo che l’intendimento del protagonista è un altro, efferato: condurre la ragazza a un tale abbandono, così da potersene approfittare al punto di farle perdere la verginità per poi lasciarla per sempre, non senza rinfacciarle il motivo di quell’affronto, ovvero la spiata che lo avrebbe condannato all’ergastolo e che comunque gli ha fatto patire giorni di angoscia e di carcere.
Sta di fatto che anche questa ragazza, poco dopo, muore uccisa, strangolata come Immacolata. Solo un caso? La risposta l’avrete leggendo il libro.
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