4

Come ogni giorno, alla stessa ora, Giacomo bussa piano alla porta di Suor Maria. Apre la porta e vede la donna dietro la sua scrivania che armeggia con mille carte. La Suora lo fissa per un lungo momento in silenzio. Vede i suoi occhi scuri e intelligenti. Sa cosa vuole. Non c’è bisogno che dica nulla. Ogni giorno la fissa in silenzio in attesa di una risposta.

“No, Giacomo. Non è arrivata nessuna lettera mi dispiace.”

Ancora un lungo istante di silenzio, il bambino tiene una mano sul pomello della porta e fissa il vecchio tappeto colorato che copre il pavimento dell’ufficio.

“Ma stai tranquillo. Sono sicura che è in viaggio, ci deve essere stato un ritardo delle poste, ma la lettera arriverà presto, e vedrai che arriverà presto anche la tua mamma.” Suor Maria è consapevole di ripetere ogni giorno le stesse identiche frasi, che sembrano sempre più vuote nel chiuso di quella stanza.

Giacomo non dice nulla. Gli occhi sono fissi sul solito disegno del vecchio tappeto. Il bambino va via chiudendo la porta.

5

Il giorno della festa della mamma si avvicina. Ogni bambino ha scritto il suo tema, fatto i disegni, preparato il regalo. Tutti tranne Giacomo. Lui legge e rilegge il suo tema, mentre gli altri bambini lo ignorano. Resta confinato in fondo alla classe, sempre in silenzio, senza correre e gridare, senza giocare e senza piangere… è diventato invisibile come un banco, come un armadio, come se fosse aria. Solo Marla si avvicina a lui, solo lei gli parla e gli sorride e il mondo di Giacomo ruota tutto intorno a lei, all’Istituto e a Suor Maria, in attesa di una lettera che non arriva.

Gli altri bambini sanno essere cattivi. Lo guardano sorridendo e poi parlano fra di loro, bisbigliano, sussurrano e lui sente solo poche parole cattive, che sibilano nella classe… abbandonato… orfanotrofio… sempre solo… nessuno lo vuole… nemmeno la mamma…

Non risponde. Fa finta di non sentire, ma sente tutto e le parole cattive gli entrano dentro e fanno male, ma non urla, non piange. Disegna il mare quadrato.

Marla invece sente tutto e lei si che urla. Grida e strepita, e poi sono botte. E la maestra si arrabbia e se la prende con lei, che picchia gli altri bambini per farli smettere. Giacomo le regala ancora un disegno del suo mare.

Marla ha nuovi compiti per punizione, ma non le interessa, si avvicina al suo amico. “Ti ha scritto la tua mamma?”

Giacomo non risponde e scuote la testa. La bambina è pensierosa. Fissa il suo amico con i suoi enormi occhi verdi. Guarda il disegno che le ha regalato e poi la finestra con il sole di maggio che illumina la classe.

“Ho un’idea. Ma te la dico fra qualche giorno.”

Giacomo annuisce con gli occhi lucidi e la bocca stretta in una smorfia. Si fida ciecamente di lei. Prende le sue matite colorate e comincia un nuovo disegno, con il mare, il sole, gli uccelli e… Marla.

6

Il mare è veramente blu come nei disegni di Giacomo. Blu e profondo, brillante e misterioso. Il cielo azzurro e luminoso si poggia su di lui e insieme fuggono verso l’orizzonte. Il sole illumina e scalda ogni cosa, brilla fra le onde che si rincorrono sulla spiaggia. Una sottile brezza di vento attraversa l’aria e gli uccelli giocano allegri rincorrendosi.

La mamma di Giacomo guarda il mare dalla finestra di ferro e acciaio. Sente l’aria fresca che le accarezza il viso e le muove i lunghi capelli castani.

Le voci delle sue compagne riempiono i corridoi della sezione, rimbombano fra pareti e pavimento, si accavallano e si mescolano, entrano nelle piccole stanze, fra i letti e gli armadietti e fuggono via fra le sbarre delle finestre. Libere verso il mare.

E’ quasi l’ora della conta. Tutte le donne rientrano lente nelle loro celle. Tutte hanno qualcosa da dire o raccontare. In fondo sempre le stesse cose: la famiglia, i figli, la lontananza. Solo la mamma di Giacomo non dice nulla, non ha più nulla da dire. Aspetta.

Guarda il mare e pensa al suo bambino.