«Come il lettore non faticherà a comprendere, questo è un romanzo che sembra storico. Inutilmente, dunque, vi si cercherà coerenza di date, nomi e fatti. L’ambientazione è solo una scusa per parlare d’altro». Così Rino Cammilleri introduce il suo apocrifo holmesiano fra pochi giorni in edicola: Sherlock Holmes e il misterioso caso di Ippolito Nievo, numero 3102 della storica collana Il Giallo Mondadori.
Dalla quarta di copertina:
Il caso più difficile della sua carriera, Sherlock Holmes proprio non se lo aspettava. Sollecitato dal fido Watson, era pronto a occuparsi perfino di un qualche volgare ladro di polli. Anche un grand’uomo come lui deve ridimensionare le pretese quando ha i creditori alla porta, e le finanze della coppia di amici non scoppiano di salute, un po’ per mancanza di sfide degne del sommo investigatore, un po’ per quel maledetto vizio alquanto dispendioso delle droghe. Ma la buona sorte ha condotto nel loro studio una potenziale cliente: una ragazza italiana imparentata alla lontana con lo scrittore e garibaldino Ippolito Nievo, scomparso molti anni prima nell’affondamento del piroscafo su cui si era imbarcato dalla Sicilia portando con sé una valigia di documenti riservati. L’intrepida discendente è convinta che sia caduto vittima di un attentato, e ci sono poteri forti che tramano per metterla a tacere. Holmes non può che accettare l’incarico, inoltrandosi nelle fitte nebbie di un mistero legato agli intrighi politici di un paese straniero. E così l’impareggiabile detective di Baker Street è di nuovo sulla breccia, intenzionato più che mai a essere all’altezza della sua fama.
Ecco l’incipit:
La mattina del – mi pare – 26 settembre 1892 (data molto approssimativa: non ho mai avuto gran dimestichezza con gli anni), al tempo in cui felicemente regnava la sua graziosa maestà la regina Vittoria di Sassonia-Coburgo (a proposito della quale, essendo ormai morta da un pezzo, mi sento autorizzato a dire oggi una cosa che, con rispetto parlando, avevo sul gozzo da un po’, e cioè che quel tappo di damigiana non era affatto graziosa e rischiò di farci perdere più volte la faccia negli ultimi anni di fronte al mondo per via di certe sue manie), dicevo comunque che quella mattina ero intento a fare il conto della serva, cioè stavo alle prese con le fatture e le bollette da pagare. Debiti che rischiavano di travolgerci, me e il mio amico Holmes, dal momento che, a furia di seguirlo nelle sue avventure, la mia professione di medico era tale solo in virtù della targa sulle scale del 221 B di Baker Street; e poi quel suo maledetto vizio della morfina, che alternava o miscelava con l’ancora più costosa cocaina quando non aveva casi “all’altezza del suo cervello” da risolvere, stava mandando in rovina l’economia del nostro sodalizio..
Lui, il “consulente di investigatori”, faceva il difficile e snobbava offerte forse non particolarmente suggestive ma senz’altro allettanti dal punto di vista finanziario, che ci avrebbero permesso non dico una vita da nababbi ma almeno di saldare i due anni di affitto arretrati alla povera signora Hudson, la quale, santa donna, già sopportava le esalazioni del laboratorio chimico che Holmes aveva installato nella sua stanza, nonché i colpi di pistola sulle pareti che i suoi studi balistici ritenevano sommamente necessari
Nato a Cianciana (Agrigento) nel 1950, Rino Cammilleri ha insegnato per alcuni anni a Pisa, e ora vive e lavora a Milano. Saggista e narratore, ha pubblicato per le maggiori case editrici ed è titolare di rubriche su diverse testate nazionali.
Sherlock Holmes e il misterioso caso di Ippolito Nievo di Rino Cammilleri (Il Giallo Mondadori n. 3102), 252 pagine, euro 4,90
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