Le mani insanguinate di Maurizio De Giovanni, Edizioni Centoautori 2014.
Come scrive nella prefazione Paola Egiziano si tratta di “quindici racconti molto diversi fra loro per lunghezza, modalità di scrittura e soprattutto argomento: a storie di fantasmi si affiancano riletture di fatti di cronaca nera o rivisitazioni di eventi storici; a racconti a sfondo sociale se ne alternano di grotteschi o amaramente umoristici; e poi, più o meno esplicita Napoli con i suoi riti, i suoi Santi, il suo sangue”.
Aggiungo alcune tematiche senza un ordine preciso: la fame, il dolore, la forza di una bambina stuprata dal padre ubriaco, l’incontro fortuito, l’amore e il distacco, storie di sfruttamento e degrado, storie di tradimenti e morte violenta, di avvelenamento della propria terra, storie che si avviluppano e si incrociano, la miseria, la ricchezza, un posto per dimenticare, il mondo di oggi e di ieri, il giornalista, l’università, la scuola, l’aspirante scrittore e lo scrittore valutato anche, e forse soprattutto “per la sua bella presenza”, la violenza sulle donne e tanto altro ancora.
C’è, però, una linea sicura che percorre molti di questi racconti, e direi molto della produzione di De Giovanni. Una linea di grande forza psicologica, di ironia leggera e mordace, di fine sensibilità e “accompagnamento” del dolore (parola che si ritrova anche nel titolo di un suo bel libro) nelle sue varie sfaccettature, di intensa forza espressiva e commozione che coinvolge il lettore facendolo riflettere anche sulle proprie esperienze di vita.
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