Domenica 23 novembre 1890. Il rollare del treno e il frastuono dello scompartimento non distraggono l’attenzione di Maurice Leblanc. Ha ventisei anni ed è riuscito a mettere in pratica un piano machiavellico degno del personaggio che in futuro gli donerà grande fama: Arsène Lupin. Saputo che su quel treno viaggiano illustri romanzieri, di ritorno dalla cerimonia di Rouen in cui si è inaugurato un busto di Flaubert – il cui fratello era il medico di famiglia di casa Leblanc – il giovane Maurice è riuscito a fare in modo di trovarsi proprio dove il suo cuore non avrebbe mai sperato: nella carrozza in cui stanno viaggiando Guy de Maupassant, Edmond de Goncourt, Émile Zola ed altri mostri sacri.
Il giovane e inedito Leblanc li guarda con un misto di profonda ammirazione e tremenda soggezione, mentre stringe in tasca i fogli che ha con sé: le bozze di alcuni romanzi che vorrebbe sottoporre a quegli dèi della letteratura, per un consiglio o per un aiuto. Une femme, Voici des Ailes, storie romanzesche scritte sotto l’ispirazione della narrativa proprio di quei grandi autori.
Ma la soggezione è troppa, e alla fine... Leblanc cede e rimane seduto al suo posto, con i suoi romanzi inediti in tasca.
Dieci anni dopo, nel 1900, Maurice Leblanc è riuscito a far pubblicare quasi dieci romanzi, ma per vivere lavora come giornalista: non si sente romanziere, ma semplicemente un giornalista che ha scritto dei buoni libri.
Le sue opere si guadagnano l’ammirazione di critici e letterati. «Lei appartiene sicuramente alla famiglia di Flaubert, che è quella che amo di più» gli scrive Jules Renard riguardo al romanzo Une femme (1893), e Léon Bloy osanna apertamente la sua narrativa. Maupassant stesso dimostra più volte di apprezzare e stimare Leblanc, ma questi rimane un bravo scrittore: siamo lontani dagli “onori della cronaca”. Nel 1898 ha concretizzato il suo grande amore per il ciclismo riuscendo a pubblicare il romanzo Voici des Ailes, e questo per la prima volta gli vale la menzione in Italia... fra gli autori che hanno trattato l’argomento. Non proprio un successo letterario.
Sua sorella da anni cura un salotto letterario frequentato da grandi autori come Oscar Wilde, ma il povero Maurice – sebbene apprezzato anche a teatro – non ottiene quel successo che segretamente sogna. «Mi ero allora rinchiuso in un ambito di romanzi di costume e di avventure sentimentali che mi avevano procurato qualche successo, e collaboravo in modo costante al “Gil Blas”» racconterà egli stesso decenni dopo, nell’intervista Qui est Arsène Lupin del quotidiano “Le Petit Var” (11 novembre 1933). Va ricordato che la citata “Gil Blas” è una prestigiosa rivista letteraria – nata nel 1879 – che ospita firme da capogiro, compreso quel Maupassant che il destino sembrava far attraversare più volte la strada di Leblanc.
Insomma, il buon Maurice è una penna d’eccellenza, gode della stima dei più grandi autori francesi – già di per sé un risultato invidiabile! – ma lo stesso non sembra sentirsi realizzato. «Qualche successo» afferma nella sua citata intervista.
Passano gli anni e il destino d’un tratto imbocca una via totalmente inaspettata: gli arriva una proposta curiosa da un amico giornalista con cui condivide la passione per il ciclismo. «Un giorno, Pierre Lafitte, col quale ero molto legato, mi domandò un racconto di avventure per il primo numero di “Je sais tout” che stava per lanciare. Non avevo ancora scritto niente del genere, e mi preoccupava molto provarci» racconta Leblanc nella citata intervista. Lafitte ha fondato la sua rivista – che ha come sottotitolo il modestissimo “Encyclopédie Mondiale Illustrée” – nel febbraio 1905 e forse la collaborazione con Leblanc ha tardato a concretizzarsi, visto che non si ritrova la sua firma se non nel numero di luglio.
La proposta che Lafitte fa a Leblanc è però davvero inedita. In un momento di grande impegno civile alla Zola o di grande romanticismo, o ancora di “avventure sentimentali” come dice Leblanc stesso, il curatore della rivista sta proponendo al pubblico qualcosa di diverso: narrativa breve dalle forti emozioni. Nel numero dell’aprile 1905 pubblica il capolavoro di W.W. Jacobs Le main de singe – apparso sul “The Harpers Monthly” nel settembre 1902 e noto in Italia come La zampa di scimmia: fra i più grandi racconti del brivido della storia, amato da Stephen King e parodiato dai Simpson! – e nel numero di giugno pubblica un racconto di quell’autore britannico che sta spopolando in Francia con il suo personaggio chiamato Sherlock Holmes: Les Danseurs – versione francese de L’avventura degli omini danzanti del 1903, raccolto poi ne “Il ritorno di Sherlock Holmes”. A questo punto per il numero di luglio Lafitte vuole qualcosa di simile: perché Leblanc non prova a scrivere un racconto sul genere di Sherlock Holmes?
È una proposta indecente, per un romanziere che si è finora dedicato a storie sentimentali (o ciclistiche), che sogna di diventare Anatole France, Maupassant o Flaubert. È un esperimento ardito, è qualcosa di dubbio gusto, è... uno strano viaggio. Ma Leblanc accetta la sfida, prende la penna e scrive: «L’étrange voyage!» Queste le parole con cui si apre L’Arrestation d’Arsène Lupin, la nascita di un mito che seppellirà per sempre tutto ciò che Leblanc è stato o ha scritto.
(continua)
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