Occhio a certe ballate o filastrocche…
Melodie di morte di Jonathan Stagge, Robert Goldsborough, Cornell Woolrich, Mondadori 2013.
Nella introduzione Mauro Boncompagni ce lo dice apertamente. Certe ballate o filastrocche nel romanzo poliziesco sono di una sfiga pazzesca. Portano morti ammazzati a go-go. E ne fa una lista impressionante. Fra cui quelle inserite in queste tre chicche.
Partiamo dalla prima Dolce, vecchia canzone di morte di Jonathan Stagge.
“Un gruppo di amici a un picnic, qualcuno canta un’antica ballata. Cala la sera, scoppia un temporale, e al rientro mancano all’appello due gemellini. Giacciono in uno stagno, uccisi seguendo le parole della canzone. E finché il dottor Westlake non fermerà il loro assassino, la sinistra filastrocca continuerà a scandire omicidi”.
C’è il dongiovanni rubacuori, la classica persona mancante occupata da altra parte, questioni sentimentali, una collana pregiata, una segheria con mistero incorporato. Ma c’è, soprattutto, la sfilza dei morti ammazzati che si rimpolpa sempre più. E il dottor Westlake, insieme all’ispettore Cobb che cerca di svelare il vero volto dell’assassino. Un pazzo pericoloso (e un po’ di pazzia serpeggia in qualche famiglia) o un terribile programmatore di morte?... Brividoso.
Nero Wolfe: delitto in mi minore di Robert Goldsborough.
“Lettere di minaccia perseguitano il direttore della New York Symphony Orchestra. Interpellato dalla nipote del musicista, Nero Wolfe accetta il caso in nome di un antico debito di gratitudine”. Chiaro che lo zio si ritrova morto ammazzato con un tagliacarte infilato dietro la schiena. Solito quadretto umoristico nella vecchia casa arenaria nella Trentacinquesima strada Ovest, vicino allo Hudson, con Archie Goodwin a raccontare la storia e flirtare con Lily Rowan, Nero Wolfe stravaccato in poltrona a bere birra, Theodore Horstman a vigilare sulle diecimila orchidee e Fritz Brenner a preparare succulenti menu. Questa volta il caso è complicato e il “poltronista” (mio conio) per eccellenza è costretto a chiedere l’aiuto dei suoi abituali collaboratori e a un investigatore privato di Londra. Poi, quando incomincia a muovere ritmicamente le labbra, il caso è risolto. Leggero e frizzante.
Passi che si avvicinano di Cornell Woolrich.
“Ceil è una ragazza che adora il jazz. Almeno una volta alla settimana, suo padre la vede tornare a casa con un nuovo disco. Lei lo suona e lo suona ancora, ad oltranza, prima di staccarsene e passare al successivo”. Ma nell’ultimo c’è qualcosa che non va. Matt Molley, il cantante, geme in modo più “realistico” del solito. “Ohhh, sto male: Ohhh, muoio” al posto del conosciuto verso. Impossibile, via. O possibile? Una perla.
Ancora una volta scelta perfettamente centrata del nostro curatore.
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