Prendete in mano questo libro, magari nella prima edizione italiana della Piemme che vedete nell'immagine qui a fianco. Leggete il titolo: Il codice del quattro. Sopra al titolo trovate un'etichettina con scritto "thriller", che dovrebbe indicare il genere. Sotto al titolo un fregio antico, come se quello che state maneggiando fosse un testo vecchio di qualche secolo, magari contenente segreti occulti; c'è anche un titolo a metà tra il greco e il latino che lascia ben presagire. Giunti a questo punto probabilmente sarete indotti a pensare che il romanzo sia una specie di storia alla Codice Da Vinci. Come vogliamo chiamarlo, mystic thriller? Vabbe'. Ad ogni modo controllate la quarta di copertina e, a mo' di conferma, vi ritroverete i soliti strilli pubblicitari che paragonano Il codice del quattro al bestseller di Dan Brown e addirittura al Pendolo di Foucault di Umberto Eco (al quale, francamente, il Codice Da Vinci non era nemmeno degno di allacciare le scarpe).

Peccato che, una volta girata la copertina, ciò di fronte al quale vi ritroverete non è per niente il libro che vi aspettavate. L'inizio lascia ben presagire, intendiamoci. Innanzitutto c'è l'aggancio a un mistero reale, ossia uno dei libri a stampa più belli ed enigmatici di tutto il Rinascimento, quell'Hypnerotomachia Poliphilii stampata da Aldo Manuzio in persona e impreziosita da stampe che compaiono come riproduzioni anche ne Il codice del quattro. Abbiamo un gruppo di studenti di college dell'Università di Princeton, tra i quali Paul Harris, che è ossessionato dall'Hypnerotomachia e da alcuni anni si sta sforzando di decrittarne il messaggio. Perché c'è un messaggio nascosto all'interno del testo, ovviamente, e chissà dove potrebbe condurre? C'è, o meglio c'era, uno studioso che si stava imbarcando nella stessa impresa di Paul ma poi è morto, e c'è anche il figlio di questo studioso, Tom Sullivan, che ha deciso di seguire le orme del padre. E c'è anche, ovviamente, chi cercherà di ostacolare la risoluzione dell'enigma, o forse di giungervi prima del gruppo di studenti.

Sulla carta dunque gli elementi per un avvincente mystic thriller ci sarebbero tutti. Il problema de Il codice del quattro però è che... è un thriller che non "thrilla". Neanche un po'. Dopo l'inizio promettente si attende invano che la storia decolli, cosa che invece non avverrà mai. Non ci sono colpi di scena, non c'è tensione, non ci sono improvvise rivelazioni. Forse perché quello che è stato fatto passare per thriller in realtà non lo è; siamo più che altro di fronte a una storia di amicizia al college, in cui il mistero del codice alla fine non è nemmeno così importante. Non a caso il metodo di decrittazione verrà spiegato per sommi capi ma mai applicato veramente: sarebbe un po' come se in un romanzo giallo leggessimo "e così l'investigatore, trovando i giusti indizi, comprese che il colpevole era Tizio", dove ovviamente se non ci vengono rivelati quali siano questi indizi (o nel caso del presente romanzo, come venga decifrata l'Hypnerotomachia) sentiamo che qualcosa viene a mancare.

Un romanzo brutto, dunque? No. Un romanzo mal focalizzato, probabilmente. Colpa un po' dell'inesperienza degli autori, qui alla loro prima opera, e un po' degli editori, che hanno voluto propinare per degno erede del Codice Da Vinci un'opera semmai più vicina a tante storie di college come quelle che siamo abituati a vedere nei telefilm americani. Un merito comunque Il codice del quattro ce l'ha, ed è quello di aver fatto conoscere nuovamente l'Hypnerotomachia Poliphilii: chi vuole davvero scervellarsi su questo testo potrà trovare presso Adelphi un'edizione in due volumi con ristampa anastatica dell'originale, assolutamente da possedere per gli appassionati di testi antichi.