Essere continuamente accusati da un gruppo di persone di aver cooperato con dei poteri occulti è una sensazione molto strana. Nel giro di poco tempo non ti viene più in mente nulla di tutto ciò che potresti controbattere. In un mailing che da allora viene costantemente citato, Julian non solo accusa me di contatti con l’FBI, ma sostiene addirittura che mia moglie collabori con la CIA. Avrebbe anche sentito dire che al nostro matrimonio ci sarebbe stata la fidanzata di un agente del Mossad. Si potrebbe pensare che le accuse di appartenenza a quattro o cinque servizi segreti siano così assurde, da risultare incredibili per chiunque. Ma ancora oggi Anke e io continuiamo a doverci confrontare con quelle voci diffamanti.
Poche settimane fa, quando si è saputo che uno dei migliori amici “pro tempore” di Julian è stato un informatore dell’FBI, mi è quasi venuto da ridere. Persino il Sedicenne, come l’abbiamo chiamato nel libro e su cui ci sono state così tante polemiche, è stato una spia di quart’ordine dell’FBI, assoldato per cinquemila dollari e per un certo periodo scelto da Julian come persona più importante della chat. Piccola ironia della sorte: il film della Dreamworks inizia proprio con la scena in cui Julian è in auto con quel super-agente. In quel momento io lo chiamo sul cellulare e Julian dice al Sedicenne: “Riattaccagli in faccia!”
Persino da questa storia si può imparare qualcosa: chi sa dire di chi ci si può davvero fidare? Cosa sarebbe successo se Julian si fosse semplicemente deciso a fidarsi di noi? Sarebbe stata una possibilità per garantire un futuro a WL e per giunta ci saremmo risparmiati un sacco di arrabbiature.
A proposito di arrabbiature. Non c’è mai stato un contenzioso legale tra Julian e me, tanto meno un processo, anche se è quello che si continua a dire e sicuramente si scriverà ancora tra dieci anni. Ho conservato qualche lettera che ha fatto corrugare la fronte per l’irritazione al mio avvocato. Il quale a un certo punto mi ha preso in disparte e mi ha detto:
“Mi chiedo se non si tratti di un fake.”
“Ah, sì? Come mai?”
“È che proprio non riesco a immaginare come un avvocato abilitato all’esercizio della professione possa aver scritto una roba del genere.”
Tutte le minacce di querela non hanno mai avuto seguito. Il verdetto di un’eventuale causa era scritto a priori e sarebbe stato sfavorevole per la controparte. Dunque quelli erano solo dei tentativi di spaventarmi, ma io non mi lascio intimidire facilmente.
Nel frattempo Julian deve aver capito che in questo libro non ho assolutamente scritto tutto ciò che ci sarebbe stato da dire. È una decisione che ho preso per diversi motivi e che tuttora considero corretta.
Siamo addirittura stati accusati di voler fare concorrenza a WikiLeaks. Si tratta di una sciocchezza, come l’accusa di aver cercato di volerci arricchire con OpenLeaks. Vogliamo essere indipendenti da qualsiasi finanziatore e preferiamo procedere lentamente e investire nel progetto tempo e soprattutto soldi nostri.
Tutto quel frastuono mediatico e quelle dicerie mi hanno così snervato, che a un certo punto ho staccato la spina. Mi scuso di essermi sottratto al dibattito pubblico. Ma non sono né un’istituzione, né un rappresentante eletto dal popolo e ho bisogno del mio tempo per i progetti che ritengo sensati e importanti. Ho la sensazione di aver scelto la strategia giusta. Pian piano, sembra che l’opinione di tizio o caio su questa faccenda inizi a cambiare. In ogni caso noi andremo avanti senza clamore con il progetto OpenLeaks. Ma nel frattempo mi occupo anche di altri progetti, tra cui lo sviluppo di IPredator.se, un VPN provider svedese che consente di navigare in rete in forma anonima. Ciò non solo rende un po’ più complicato il controllo da parte dei servizi segreti, ma è anche un’opzione percorribile per aggirare la normativa sulla responsabilità civile e penale di chi offre un accesso wi-fi aperto, qualora chi lo utilizza effettui dei download illegali. Si tratta di un piccolo passo verso l’autodifesa digitale.
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