Dopo l’uscita di Inside WikiLeaks nella mia vita ci sono naturalmente stati dei momenti in cui mi sono domandato se raccontare questa storia fosse stata la decisione giusta. È una cosa che mi sono chiesto spesso. Se avessi voluto semplicemente vivere in santa pace, avrei di sicuro fatto meglio a non scriverlo. Ma l’ho fatto per due motivi, che valgono oggi come allora. Uno è di natura personale: avevo bisogno di sfogarmi parlando di quella parte della mia vita. L’altro è legato al fatto che in generale ritengo importante dare il mio contributo alla verità, specialmente quando riguarda eventi da cui si possono trarre insegnamenti per il futuro e che possono aiutare a comprendere meglio tanto il passato quanto il presente.
Non è strano che ci siano persone che hanno un punto di vista differente dal mio, soprattutto persone che non erano in alcun modo direttamente coinvolte e che per qualche ragione non accettano che io abbia espresso pubblicamente il mio punto di vista.
Nella mia personale classifica dei momenti peggiori c’è sicuramente il Campo del Chaos Computer Club dell’agosto 2011 a Finowurt; si tratta di una conferenza che si tiene con cadenza quadriennale in un vecchio aeroporto militare convertito in gigantesco campeggio, a cui partecipano duemila hacker da tutto il mondo.
Noi eravamo lì per presentare la prima versione Beta di OpenLeaks. Avevamo già alle spalle molte notti insonni, accese discussioni e casse intere di Club Mate. C’erano ancora un’infinità di punti aperti da risolvere, ma i nostri media partner erano ai blocchi di partenza e la cosiddetta implementazione di riferimento era pronta per un primo stress test. Non è insolito che al Campo vengano presentati nuovi progetti e che si chieda agli hacker presenti di esaminare con attenzione il software, in cerca di eventuali falle nella sicurezza e per avere dei feedback. In fin dei conti dove altro è possibile trovare così tanti talenti riuniti in un posto solo?
Evidentemente avevamo sottovalutato il fatto che non tutti erano bendisposti nei nostri confronti. Nel Club stesso c’erano opinioni molto diverse su WikiLeaks e sulla nostra fuoriuscita, ne eravamo perfettamente consapevoli. Qualcuno poi criticava il fatto che al Campo avessimo cercato di sfruttare il CCC, come se fosse una specie di ente di certificazione della qualità.
Non so proprio cosa glielo avesse fatto pensare. Ci fu un po’ di casino sui media e io venni cacciato dal Club. Con tanto di lettera su carta intestata, consegnata in mezzo alle tende una notte alle tre e mezzo, mentre il Campo si trovava da ore in modalità relax.
Ancora oggi trovo inesplicabile che si sia arrivati a quell’azione clandestina. Qualcuno avrebbe potuto semplicemente dirci qualcosa, prima di creare un precedente storico all’interno del Club, cacciando un membro senza neppure ascoltare il suo punto di vista. Erano in molti all’interno del Club a pensarla allo stesso modo, quindi in seguito venne convocata un’assemblea straordinaria dei soci. Io sono stato riammesso nel CCC e chi aveva promosso quell’azione oggi non è più nel consiglio direttivo.
In ogni caso gli attacchi personali, in particolare quelli sui media e nei commenti in rete, non sono stati affatto piacevoli. Perciò ho deciso di dare meno importanza a ciò che si scrive o si dice di me e soprattutto di occuparmi meno di quel genere di cose. Ci sarebbero voluti un tempo e un’energia infiniti per fare piazza pulita di tutti quei continui malintesi e falsità.“The winning move is not to play”, per dirlo con le parole di WOPR, il super-computer del Pentagono nel film WarGames.
Parte delle accuse erano così assurde da lasciarmi spesso senza parole. Voglio dire, come fai a dimostrare che non lavori per la polizia, la CIA o l’FBI? È difficile che io riesca a farmi rilasciare un documento in cui si attesta che non sono sul loro libro paga. Sono stato addirittura da un notaio per depositare una dichiarazione giurata. (Il che si è rivelato un semplice spreco di denaro ed è stato il più inutile di tutti i miei tentativi di convincere della mia buona fede chi mi attaccava.)
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