Stava peggiorando notevolmente anche dal punto di vista fisico. Era continuamente colto da tremiti, talvolta iperventilava, tutto a causa della prolungata e intensa attività mentale richiesta da questo tormento.

Talora veniva assalito da una furia cieca rivolta verso Varian, che ormai odiava con tutto se stesso; era una rabbia che lo faceva tremare da capo a piedi ogni volta che il pazzo si affacciava per svolgere i suoi compiti quotidiani. Fu preso dalla folle idea di azzardare una risposta a casaccio, terminare velocemente le quattro domande che restavano e metter fine a quella terribile farsa.

Adesso comprendeva bene perché Henderson avesse voluto accelerare la soluzione del test, come Maltby fosse impazzito e Van Cleve avesse tentato il suicidio.

Ma controllò ogni indebito impulso in modo rimarchevole e con una sorta di determinazione selvaggia si costrinse all’obbedienza, alla fatica e alla sopportazione passiva.

Misurando la cella a grandi passi, con la testa stretta fra le mani, oppure disteso sulla coperta, combatté la lotta contro se stesso e la vinse. Passò quindi un altro giorno e con lui arrivò la settima domanda.

«Attraverso un processo di eliminazione, la vostra idea deve rientrare all’interno delle categorie di ordine e numero. Rientra in una sola o in entrambe?»

«Non è una domanda corretta» obiettò Varian. «Non vi si può rispondere logicamente con un sì o un no. Ma il suo straordinario metodo di analisi mi intriga, lo ritengo degno del mio intelletto superiore. Quindi, forzerò le regole e le risponderò: ricade in entrambe, ma più precisamente nella seconda. Buonanotte».

Nasmyth cominciò a riprendere coraggio. Si stava avvicinando al sentiero che portava a quella sfuggente astrazione. La cosa rientrava sia nell’ordine che nel numero, quindi doveva trattarsi di un qualche concetto matematico.

Si concentrò nell’analisi. Intorno a mezzanotte si disse convinto di aver imboccato la strada conclusiva. Poteva trattarsi di un qualche tipo di matematica, come aritmetica, algebra, geometria o calcolo; oppure poteva essere una componente di una di queste scienze. Gli si spalancavano possibilità infinite all’interno del campo della matematica. Nonostante l’angoscia stringente, non poté fare a meno di ammirare l’astuzia di Varian nell’introdursi in un campo dove individuare un singolo elemento era praticamente impossibile.

A questo pensiero, ancora una volta la disperazione avvolse l’infelice vittima della follia del maniaco.

Restavano adesso tre domande, ognuna di vitale importanza. Nasmyth meditò a lungo prima di esprimere l’ottava.

«Avete forse in mente una qualche scienza matematica come entità?»

«No! Adesso vi restano soltanto due possibilità!»

Il medico sentiva la mente vacillare, ma con un enorme sforzo di volontà riuscì a controllarsi e proseguì con la sua analisi. Il giorno successivo propose questa domanda:

«Dato che non è un ramo particolare della matematica, deve essere un elemento comune fra tutti. L’unico fattore comune è la sequenza matematica nota come numeri. Pensate forse a un numero?»

Varian attese un momento prima di replicare. Nasmyth si sentì irrimediabilmente perduto. Se era un numero, quale minima possibilità avrebbe mai avuto di scoprirlo con esattezza? Da uno all’infinito, avrebbe potuto trascorrere l’intera vita prima di indovinare un numero preciso. Fu quindi con una sensazione di enorme sollievo che udì la replica di Varian:

«No».

«Quindi non è un numero?» domandò ancora il dottore.

«È forse questa la vostra decima domanda?» gli occhi del vecchio brillavano.

«Ovvio che no! È solo una conferma della vostra nona risposta».

«Benissimo. Ripeto, non si tratta affatto di un numero, non sto pensando a un numero. Ma la vostra inferenza che si tratti di qualcosa di comune a ogni branca della matematica è assolutamente corretta.

«Sedete proprio sul limitare della risposta esatta. In tutta la mia esperienza non ho mai incontrato un’intelligenza come la vostra. Nessuno dei miei soggetti sperimentali si mai avvicinato così tanto alla risposta corretta. Mi congratulo con voi, dottore, per la straordinaria acutezza della vostra capacità di analisi.

«In caso di fallimento, cosa che mi aspetto che accadrà comunque, sarò oltremodo dispiaciuto di dovervi eliminare. Vi auguro la buona notte, e vi prego di meditare ancor più attentamente di quanto fatto finora: domani sera infatti, vi costringerò a proferire quella sola esatta parola che potrà restituirvi la libertà. Altrimenti... capite bene... per quanto mi rincresca farlo...»