«Sono pronto, sì».
«Benissimo!» e il vecchio, con la fiala del gas venefico ben salda nella mano, si avvicinò alle sbarre. «Qual è dunque la vostra decima e ultima domanda?»
Nasmyth rimase in silenzio per un attimo, scosso da un brivido, poi - incapace di staccare gli occhi dalla fiala venefica - iniziò: «Sulla base delle vostre risposte, state pensando a un’utile astrazione matematica, non un ramo della matematica e non un numero».
«Giusto. Siete in grado di dare la risposta?»
«Sì, posso!»
«Fatelo e il vostro ragionamento fallace sia causa della vostra morte, unica responsabilità di essa».
«È... è...» balbettò il medico, senza riuscire a costringersi a proferire quella parola cruciale.
«Bene, è cosa?» esclamò impaziente il suo torturatore. Sollevò la fiala, pronto a scagliarla sul pavimento della cella in caso di errore.
«È... zero?»
La parola uscì dalla sua gola secca e tremante con un angoscioso sforzo supremo.
Per un attimo il pazzo restò immobile, come attonito, poi un boccheggiante lamento uscì da sotto la maschera.
«Sì!» disse un roco sussurro. «Sono stato sconfitto!. Voi... avete vinto!»
Per un secondo, il medico fu certo di aver perso coscienza. Davanti ai suoi occhi sembrò levarsi una nebbiolina luminosa, poi un rombo lontano, come il rumore della risacca su di una scogliera rocciosa, riempì le sue orecchie. Oscillò in avanti, sentì il contatto del metallo e si accorse di stringere le sbarre della cella.
Madido di sudore, tremante e privo di ogni rimasuglio di forza fisica o mentale, rimase un attimo in quella posizione, mentre fisso su di lui lo sguardo maligno della maschera di Varian sembrava bruciargli l’anima.
«Avete vinto!» ripeté la voce del folle. «Per la prima volta la mia intelligenza deve inchinarsi di fronte a un altro uomo. L’impossibile è avvenuto. In dieci domande... incredibile... pazzesco...»
«Lasciatemi andare!» ansimò il prigioniero, completamente stravolto. «Ho superato la prova! Liberatemi!»
Varian annuì mentre borbottava fra sé e si avvicinò alla porta della gabbia. Debole e silenzioso, Nasmyth lo vide comporre la combinazione sulla serratura.
Gli occhi del medico si incollarono su quell’operazione carichi di terribile intensità. Null’altro importava in quel momento. Varian lo avrebbe realmente lasciato libero? Avrebbe tenuto in mano quelle diabolica fiala di morte, avrebbe aperto la porta e fatto uscire il prigioniero fuori da quella cantina?
Nasmyth non pensava a nient’altro che a quello. Una volta raggiunta l’uscita era certo che avrebbe potuto aprirsi la strada verso la libertà combattendo, a dispetto di qualsiasi cosa avesse provato Varian. Non importava quanto fosse debole al momento, perché una nuova forza latente cominciò a risollevarlo.
Anche lo strano vestito che indossava non contava nulla: se ne avesse avuto l’occasione, sarebbe corso in strada in quel modo, gridando aiuto, chiamando la polizia perché arrestasse quel folle assassino di Varian!
Alla fine udì lo scatto secco della serratura. Il vecchio si ritrasse dalla porta che si spalancò. Incapace di credere ai suoi occhi, timoroso di qualche tranello, il prigioniero dall’aspetto distrutto avanzò tremando, con ogni senso teso a cogliere il minimo segnale che il suo folle torturatore volesse colpirlo proprio nel momento della liberazione.
Fu sulla soglia della gabbia, poi oltre, mentre Varian restava in disparte, ancora con la fiala in mano, ancora intento a squadrarlo con quella strana maschera inquietante. Imponendosi un supremo auto-controllo, costringendosi a camminare lentamente, invece di cedere all’impulso irrefrenabile di correr via in preda a cieco panico verso la porta socchiusa della cantina, Nasmyth passò davanti al vecchio pazzoide.
L’uomo lo guardò passare in silenzio. Nasmyth si avvicinava un metro alla volta verso l’uscita. Era già a metà distanza e già pregustava la libertà, la speranza, la vita...
Un urlo stridulo infranse il silenzio, un grido rabbioso e disperato.
«Se uscite di qui sono perduto!» strillò Varian, «lo direte alla polizia... non dovete... non dovete!»
Ruotando su se stesso con il panico strisciante sulla pelle, Nasmyth vide il braccio del maniaco levarsi e scagliare con un urlo bestiale la fiala del gas liquido, contenente il veleno più letale conosciuto alla scienza.
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