Con qualche accorgimento riuscì a entrare e a superare i controlli fino al piano superiore. Accoltellò una guardia e ingaggiò un duello con una seconda, che spirò senza gridare l’allarme. Quindi frugò addosso ai cadaveri, trovò le chiavi delle carceri ed entrò, avventurandosi in un corridoio buio interrotto dalla luce grigia che filtrava da poche bifore.
Poi udì un suono furtivo, e nel voltarsi vide una sagoma nera che si staccava da una parete. La semioscurità si diradò quel tanto da mostrargli un volto di donna. Un volto bellissimo, con una bocca arricciata in un sorriso voluttuoso. Fu l’ultima cosa che vide l’occhio destro del Giudeo, poiché un colpo di pugnale lo strappò con violenza dall’orbita. Infine una percossa alla schiena, e il freddo pavimento.
Quando riprese i sensi, il pirata digrignò i denti per non gridare di dolore. La testa gli pulsava selvaggiamente, l’orbita destra sembrava piena di braci. Con l’unico occhio rimasto, guardò intorno e si ritrovò in una cella. Di fronte a lui, incatenato a una parete, c’era un uomo. O quanto ne restava. Aveva le braccia e buona parte del petto completamente scorticate, inoltre gli erano stati piantati dei chiodi nei piedi e nelle ginocchia.
«Chi siete?», gli chiese, rialzandosi a fatica.
Il prigioniero emerse da uno stato di ebetudine. «L’ultimo rimasto...», mormorò.
«Volete dire che...».
«Tutti spirati... Ma da me non sapranno nulla...».
Avvicinandosi, Sinan si accorse che gli erano stati cavati tutti i denti dalla bocca. L’ultimo sopravvissuto della Torre Diavola, pensò. Forse, proprio l’uomo con cui avrebbe dovuto parlare Saint-Blancard, per sapere del segreto ricercato dai Nascosti. Sentì la speranza accendersi nel petto. «Siete dunque voi il custode del Rex Deus?».
Il moribondo sbarrò gli occhi, una maschera di spavento. «Anche voi! Anche voi siete qui per sapere!».
«Non è come credete... Io sono uno dei legittimi eredi! Devo sapere dove si trova quel sacro cimelio!».
«I legittimi», ridacchiò l’uomo, «sono tutti morti».
«Ma io possiedo le prove...».
Il Giudeo si zittì, allertato da un improvviso tremare delle pareti che gli suscitò un lampo d’intuizione. «Parlate, svelto!», esclamò con maggior premura. «Da quanto tempo giaccio privo di sensi?»
«Da molto», rispose il miserabile, senza comprendere.
D’un tratto si udì un potente boato, infine un tremore ancor più intenso. Sinan perse l’equilibrio, fu scagliato a terra da un’esplosione e, riparandosi da una pioggia di detriti, vide aprirsi uno squarcio laddove prima c’era stata una parete. Poté subito scorgere il mare, e una nave da guerra che solcava le onde. La sua nave! Una decina di scialuppe cariche di giannizzeri stava sbarcando a riva per venirlo a soccorrere.
«Presto!», incitò il prigioniero, rialzandosi. «Ditemi quel che sapete!».
«Mai!», gli fu risposto. «Non saprete nulla, come tutti gli altri!».
E mentre un’altra cannonata faceva tremare la torre, la porta della cella si spalancò, lasciando entrare due persone. Sinan si trovò a fronteggiare uno sgherro dalla stazza erculea, che riuscì a respingere indietro, spaccandogli il cranio contro il muro. La seconda ad aggredirlo fu la donna. Bella e terribile, armata di una lunga frusta che teneva attorcigliata alla vita. Nel brandirla, la fece schioccare con tale furia da farlo arretrare.
«Dannata canaglia!», sibilò la strega. «È vostra la nave che ci prende d’assalto?».
Il pirata evitò un colpo ruzzolando di lato. «Non abbiate tema, mia signora», esclamò beffardo. «Presto non dovrete più curarvi di nulla». Ma non poté evitare che la frusta gli si attorcigliasse sibilando intorno al polso destro. La cecità parziale e il dolore all’orbita ferita gli impedivano di battersi al meglio. Si ritrovò a caracollare verso la donna mentre la vedeva sguainare una piccola lama da sotto le vesti.
Evitò un fendente e per poco non cadde, poi si chinò in tempo per evitare di essere trafitto. L’affondo tuttavia non andò sprecato, colpendo il torace dell’uomo in catene.
Sinan ne approfittò per liberarsi dalla frusta e spingere la donna oltre lo squarcio della parete. La vide precipitare nel vuoto, l’ultimo volo di un angelo dell’inferno.
Poi si rivolse verso il moribondo, e si accorse di non potere fare nulla per salvarlo. «Non voglio illudervi», gli disse, toccando la ferita. «Queste saranno le vostre ultime parole, e poi...».
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