Isole di Hyères, maggio 1528.
Le Nègre era arenata sulla spiaggia come un animale morente, lo scafo squarciato dai colpi delle spingarde e i remi spezzati sul bordo di dritta. Una fila di soldati turchi usciva dalla sua pancia, carica di schiavi e di bottino. Lungi dal voler prendere parte alla razzia, Sinan il Giudeo osservò lo spettacolo dalla poppa della sua galea, la mano sull’elsa della scimitarra e le narici sature di polvere pirica, finché non ebbe di fronte un membro dell’equipaggio di quella nave. Baptiste de Saint-Blancard, secretarius del tesoriere del re di Francia. Era sulle sue tracce da quando l’aveva saputo a bordo della Nègre. C’era stato l’inseguimento, poi la battaglia. E ora eccolo lì, il cane infedele, inginocchiato e tremebondo come qualsiasi cristiano dinanzi al più astuto generale della marina ottomana.
«Sapete cosa voglio da voi?», lo interrogò il Giudeo, fissandolo con sprezzo.
Baptiste de Saint-Blancard, un uomo grasso dalla carnagione bianchiccia, ripose con un singulto. «L’oro della nave, suppongo...».
Sinan lo fece trasalire con una risata nervosa. «Quello è stato già preso, grazioso signore. È ben altro che vado cercando».
«Allora non comprendo, monsieur...».
«Ho ragione di credere il contrario». Il pirata scambiò un’occhiata con un soldato enorme che gli stava a fianco. Margutte, servitore fidato. Per evitare che tradisse i suoi segreti, anni prima gli aveva mozzato la lingua. «Non mi interessa tanto l’oro, quanto lo scopo del vostro viaggio», e indicò la Nègre spiaggiata a poca distanza. «Vi ho fatti arenare mentre cercavate di raggiungere il porto. È dunque su quest’isola che si trova il prigioniero?».
Il volto del secretarius divenne, se possibile, ancor più pallido. «Quale prigioniero?»
«Non fate l’ingenuo! L’uomo tenuto recluso dai Nascosti, la loggia a cui voi stesso appartenete. L’uomo che custodisce il mistero del Rex Deus».
«Vi assicuro di non sapere alcunché...».
Sinan non riuscì a trattenere un’esplosione di rabbia. Sollevò il francese e lo sbatté contro l’impavesata, puntandogli un pugnale sulla faccia. «Come osate contraddirmi?». Gli incise un profondo sfregio sulla tempia. «Conosco la vostra missione! La missione affidata dai Nascosti, intendo». La lama continuò a scendere lungo lo zigomo, aprendo uno squarcio sanguinolento. «Prima di giungere a destinazione, dovevate far scalo in un luogo segreto per sapere se il prigioniero avesse parlato».
«Pietà... Pietà...», implorava Saint-Blancard, mentre il suo volto si copriva di rivoli scarlatti. Lanciò uno sguardo disperato verso Margutte, che tuttavia gli rispose con un sorriso sfuggente. Il pugnale, nel frattempo, penetrava nella carne fino all’osso. «Voi come potete sapere...», disse infine, trasfigurato dallo strazio. «Come potete...».
«Il mio legame con il Rex Deus è assai più stretto di quanto immaginiate, povero stolto», gli rivelò Sinan, ritirando l’arma. «E ora parlerete, o nel nome di Allah, conoscerete l’inferno ancor prima di sprofondare nell’abisso della morte».
«Ma io non so...».
«Parlate, dannato!», lo sferzò il Giudeo, trafiggendogli d’impeto una spalla. «Ditemi dove eravate diretto!».
Baptiste de Saint-Blancard emise un prolungato grido di dolore, poi si accasciò contro l’impavesata e, anelando la fuga, si voltò verso la terraferma, lo sguardo rivolto verso un edificio nero come la pece che si stagliava sul promontorio oltre la spiaggia.
E fu così che il pirata vide la torre.
Torre Diavola, veniva chiamata. Se i suoi piani bassi ospitavano una comunità di frati domenicani, i superiori erano avvolti dal mistero. Saint-Blancard rivelò che nel buio di quelle stanze si tenevano rinchiusi i prigionieri più restii a confessare i loro segreti. Disse poi di quattro supplizianti che vi abitavano all’interno, tre uomini e una donna di indicibile crudeltà, incaricati dai Nascosti di torturare coloro che si rifiutavano di sciogliere la lingua. A tali parole, Sinan fu certo di essere sulla pista giusta. L’uomo che stava cercando, si disse, doveva proprio trovarsi in quell’edificio. E nonostante le proteste della ciurma, scelse di accedervi da solo. L’idea dei suoi ufficiali, più propensi a cannoneggiare la torre per poi assediarla, gli era parsa assai rischiosa. Il prigioniero avrebbe potuto finire ucciso prima di rivelare il suo prezioso segreto. Preferì travestirsi da domenicano e giocare d’astuzia.
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