«Imparai che gli scacchi somigliano molto alla mia vita. Se fai delle mosse intelligenti puoi star lontano dal pericolo, ma sai che qualche decisione sbagliata può essere l’ultima per te.» A parlare non è un maturo scacchista, bensì una ragazzina ugandese nata e cresciuta nella povertà più estrema e in un tenore di vita che fa accapponare la pelle a noi occidentali: la sua partita a scacchi con la vita è iniziata molto prima di sedersi per la prima volta davanti a quell’oggetto misterioso e ignoto che, come seppe dopo, si chiamava scacchiera.

Con La regina bambina Tim Crothers ci invita ad un viaggio incredibile che ha tutto il gusto del grande romanzo, molto più che dell’inchiesta giornalistica. Ci racconta la storia - che può benissimo assurgere al grado di leggenda, per l’alto valore morale - di Phiona Mutesi, che non sa neanche come si scrive il proprio nome, né lo sa la madre. Una bambina dei bassifondi ugandesi nata in mezzo a povertà, degradazione e violenza: questo però non le ha impedito di partecipare alle Olimpiadi degli Scacchi del 2010.

     

«Quando ho cominciato a giocare, ho perso un sacco di partite prima che i maschi mi convincessero ad adottare un comportamento più femminile e giocare con calma e pazienza.»

Portati dai mzungu - gli stranieri bianchi - in molte zone dell’Africa, gli scacchi sono stati ben accetti da una parte della popolazione, rimanendo pressoché sconosciuti nelle zone più povere e disastrate. Quando un bianco decide di insegnare a dei bambini il “nobil gioco”, è visto con curiosità ma anche con scetticismo: visto però che offre da mangiare, in una zona dove ogni giorno si mette a rischio la vita per una quantità irrisoria di cibo, alla fine i bambini ad iscriversi alle sue lezioni sono molti. Fra questi anche la piccola e titubante Phiona.

Chi vive per strada ed ogni giorno lotta strenuamente per un briciolo di vita, non ci sono problemi ad imparare gli scacchi: le mosse eseguite sulla scacchiera sono solo la rappresentazione simbolica degli stratagemmi adottati quotidianamente. In breve Phiona può fare quello che soltanto un romanzo, una fiction, poteva immaginare: elevarsi da una condizione miserevole grazie ad un gioco che nessuno immaginava potesse avere questi poteri.

     

La regina bambina non è un romanzo d’appendice, non usa mezzucci per strappare la lacrima o il sorriso o far emozionare con artifici vari: è il racconto di una vita vera e dolorosa, a dimostrazione che troppo spesso dimentichiamo che non è prerogativa delle storie di finzione il saper abbattere le barriere, visto che quelle barriere siamo noi stesse ad innalzarle.

La storia di Phiona non è una storia scacchistica, o meglio lo è solamente perché tutta la vita è una grande infinita partita a scacchi, e anche se bambina la Regina è sempre il pezzo più importante della scacchiera.