Ultimo giallo del bibliofilo e scrittore Adriano Bon che ha scelto come pseudonimo il nome di un personaggio dell’Uomo senza qualità di Musil. Per l’ultimo romanzo della serie del suo personaggio seriale, il vicequestore Melis, Tuzzi ha scelto il microcosmo di un paesino fra lago e montagne. Un bel poliziesco “classico”, con il valore aggiunto delle frequenti e colte citazioni letterarie e filosofiche, nascoste o apparenti che siano, il lessico è calibrato a seconda del personaggio. Per me è stata l’occasione per scoprire nuovi vocaboli. Chi legge non si pensi che sia una lettura pedante e sussiegosa, tutt’altro, dal momento che l’uso delle citazioni non è esibito, come alcune volte accade. Semplicemente la profonda cultura dell’autore si trasferisce in modo naturale nel testo.
La trama è ben costruita e rispetta i canoni del genere poliziesco. I personaggi sono ben delineati, anche quelli non in primo piano, la ricostruzione della vicenda storica alla base dell’enigma risulta del tutto plausibile. Nessun effetto speciale né violenza compiaciuta; il condimento è l’ ironia. Parlo di condimento non a caso, perché l’indagine in sordina del vicecommissario Norberto Melis si dipana nel corso di raffinati e succulenti convivi. In uno di questi i partecipanti devono indovinare gli ingredienti delle portate: citazione esplicita di Rex Stout.
Al vicecommissario Melis, in vacanza con la compagna, viene chiesto di coadiuvare nelle indagini il maresciallo del paese, Africo Fallacara, su un misterioso omicidio avvenuto in alta quota. Al primo omicidio ne seguirà un altro, sempre in alta montagna, collegato a sua volta alla morte di un soldato tedesco durante la guerra di liberazione. Alla fine Melis ricostruirà con pazienza il mistero che affonda le sue radici nella storia di una famiglia e nella Storia, intesa in senso lato.
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