Uscì dalla doccia, s’asciugò dalla testa ai piedi. Percorse, con un certo orgoglio, ogni centimetro della sua pelle bruna.
Peccato per quelle due mele acerbe che si ritrovava per seno.
Tirò un lungo sospiro e s’infilò nel pigiama. Poi puntò dritta alle bustine del caffè al ginseng, la sua passione. Optò per un latte caldo, che a quell’ora era meno fashion ma di sicuro più salutare.
Nell’attesa che il pentolino cominciasse a riscaldarsi, svuotò la borsetta griffata Gucci sul tavolo. Tirò fuori, in ordine: sigarette, rimmel, specchietto, fondotinta, rossetti, chiavi di casa, pomate varie prelevate dalla farmacia del policlinico e quel flaconcino.
Lo guardò controluce scuotendolo un poco.
E bravo Santino, pensò.
La notte del pasticciaccio stava giusto confrontando i risultati del test di Cosmopolitan sulla vita sessuale che la condannava “sulla via dell’insoddisfazione”, quando arrivò Santino che alitò piano piano: «Tutto bene?»
Puzzava di MS da fare schifo.
«Oddio, prima andava pure meglio, visto che me la dormivo di santa ragione. Ma il numero Sette qui ha deciso che per lui non andava per niente bene».
Tutti e due guardarono il nonnino dalla faccia di cartapecora che dormiva avvolto nelle coperte.
«Ma è vivo?», chiese Santino.
«Eh, come no? Prova ad annusargli pannolone. Direi che ha una fisiologia iperattiva».
«Senti, cara, ti va un deteinato caldo?»
«Guarda che è stato lui a farsela addosso, non io».
«Spiritosa... E non alzare la voce, che li svegli tutti. Non c’è più religione, non c’è. Un collega anziano ti offre una vera gentilezza e tu che fai? Fai la spiritosa. Pigliati ’sti due euri e vammi a prendere un the caldo. È un ordine, cazzo, visto che non conosci cortesia».
«Ma il bar è chiuso».
«La macchinetta del pronto soccorso no».
«Ma è dall’altra parte dell’ospedale!»
«Ti ho detto di non gridare, che dorme pure cosino là, il medico di guardia».
«Me ne sbatto. Se vuoi qualcosa da bere ci vai da solo».
«Ok, allora la prossima volta che ti pippa di non frequentare il venerdì e il sabato per andare a romperti il culo con gli amici tuoi da qualche parte, il sottoscritto qui presente col cazzo che ti firma le presenze».
«E va bene, allora».
Mirella prese le monete, infilò il cardigan e si trascinò in corsia.
Maledetto mafioso, pensò, sperimentando sulla sua pelle due concetti che hanno reso immortale il Sud criminale: bisogno e ricatto.
L’ospedale era deserto, le luci nei corridoi erano tenui e tetre, dato che il direttore sanitario, dopo il bollettone esagerato, aveva deciso non solo di dimezzare le lampadine di corridoi e reparti, ma anche di sostituire le funzionanti con quelle a risparmio energetico.
Prima di arrivare a destinazione, Mirella attraversò chilometri di dedali in verticale e in orizzontale tra ascensori e corridoi. Il distributore automatico si trovava nella sala d’aspetto del pronto soccorso che, strano a dirsi, in quel momento non era il solito carnaio. Anzi, regnava un silenzio spaventoso e irreale, spezzato solo dal ronzare della macchinetta.
Arrivò in geriatria che il the era bell’e freddo.
In compenso, trovò un casino degno di nota. Nella stanza del suo assistito c’erano Rizzuto, il medico di guardia, e Santino tutti indaffarati a rianimare il Numero Nove. Lei rimase sulla porta a gustarsi la scena assieme al Numero Sette, che intanto si era tirato su dal letto e aveva gli occhi sbarrati.
Vide il caposala insolitamente lento e poco reattivo accanto a un Rizzuto che sudava come un ossesso prodigandosi in un massaggio cardiaco disperato e, a quanto pareva, inutile.
«Vado a prendere il defibrillatore?», propose senza entusiasmo Santino.
«No, non c’è bisogno», rispose il medico, «questo è morto duro. Avverti giù in obitorio, che si preparino a venirlo a prendere».
Santino passò accanto a Mirella, ignorando lei e il the freddo che teneva in mano, dirigendosi verso la sala infermieri. La ragazza fece qualche passo nel corridoio e sbirciò dentro: lo vide scostare le tende della finestra e gettare qualcosa nel cestino. Insomma, tutto tranne che prendere il telefono in mano.
Una scarica di adrenalina le impose di filarsela all’istante. Tornò in camera dove trovò il Numero Nove che si preparava a irrigidirsi e il Sette che sembrava più morto di lui.
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