Da qualche anno si aggira per Milano una nuova figura di poliziotto: è il commissario Micuzzi, creato dalla penna di Massimo Cassani, giornalista de Il sole 24 ore, e protagonista finora di tre gialli, l’ultimo dei quali è Zona franca, edito da Tea. Si potrebbe dire che ha preso il posto del commissario Ambrosio, dopo che questi se n’è definitivamente andato con il suo autore, Renato Olivieri. Solo che il commissario Micuzzi non sta più in via Fatebenefratelli, dov’è la questura di Milano, ma al Commissariato Città Studi, dove è stato trasferito per punizione (il che la dice lunga sul carattere dell’uomo, un tipo un po’ brusco, che non tollera le cose storte).
In Zona franca si trova alle prese con un omicidio, uno solo, ma intorno al quale sembrano muoversi ipotesi diverse. Naturalmente è l’autore a condurre il gioco e, pertanto, il lettore è parecchio fuorviato. Perché tutto comincia con un uomo, Benito Marabelli, che arriva alla Malpensa da Buenos Aires e abbastanza presto apprendiamo che sta covando qualcosa di poco chiaro, una vendetta, e che questa ha a che fare con un altro uomo, un certo Luigi Pecchi, detto Gigi Sciagura, che tra le sue idee fisse aveva quella di far saltare il Duomo. Una cosa è chiara nel rapporto tra i due: sono entrambi vecchi e ciascuno di essi ha i piedi, ma soprattutto il cuore e la testa, ben piantati nel tempo della seconda guerra mondiale. Benito era fascista e Gigi un partigiano. Ed entrambi coltivano un segreto, ambiscono a una cosa, un tesoro, che apparteneva a una ragazza ebrea, Sarah Pavia – allora ragazza, oggi, si apprenderà gentile signora anziana, coetanea dei due – che il destino, per sfuggire ai rastrellamenti dei tedeschi ha portato lontano (e che ora è tornata a Milano).
Quanto stiamo assistendo oggi, con il delitto, affonda pertanto – o, meglio, affonderebbe – in quegli anni lontani, dai quali emerge che tra Sarah e il Gigi c’era una sorta di tenerezza e quasi una promessa di fidanzamento, al momento in cui i due si sono dovuti separare a causa delle tragiche circostanze. E che quel Benito ne era geloso, tanto da non dimenticarsene, pur col passare degli anni. Tanto più che le questioni sentimentali si mescolavano a quelle ideologiche e alla cronaca degli eventi d’epoca.
Di più: Cassani tira in ballo una pagina minore, ma non meno importante, della nostra storia del primo dopoguerra, che ha a che fare con un servizio segreto italiano, chiamato l’Anello (altrimenti detto Noto Servizio), del quale solo da poco tempo si è venuto ad apprendere l’esistenza. L’autore, a riguardo, per chi volesse saperne di più, cita in fondo al libro le sue fonti, che sono da ritrovare in due libri, uno del 2009 (L’anello della Repubblica. La scoperta di un nuovo servizio segreto Dal fascismo alle Brigate Rosse di Stefania Limiti, edito da Chiarelettere), e l’altro del 2011 (Il noto servizio Giulio Andreotti e il caso Moro di Aldo Gianuli, edito da Marco Tropea Editore). Pertanto in questo noir ci sono anche elementi, oltre che di storia, di spy-story che lo rendono avvincente, mentre l’elemento che dà unità al tutto è l’ambientazione milanese, la restituzione delle vie - quelle intorno a via Leoncavallo, con il suo centro sociale - e dell’atmosfera, che si nutre anche del linguaggio parlato, dialettale, che s’inserisce nella scrittura, nel tessuto della narrazione. E forse proprio per questa sua spinta milanesità accostabile ai romanzi dell’indimenticabile Renato Olivieri. Tanto più che, come quest’ultimo, anche qui, accanto ai personaggi maggiori, prendono vita quelli minori, apparentemente di contorno, quali sono le figure femminili come Sarah Pavia e la molto più giovane e smarrita Selene, testimone dell’ennesimo tentativo di femminicidio che impegnerà il commissario Micuzzi.
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