Sebbene la collana Punisher MAX sia purtroppo conclusa in patria - con la dolorosissima saga firmata da Jason Aaron e presentata nei numeri 18-22 della versione italiana della collana - c’erano ancora alcune storie brevi da raccontare note come Untold Tales of the Punisher MAX.

Apparse singolarmente negli Stati Uniti fra l’agosto e il dicembre del 2012, eccole arrivare in Italia grazie a Panini Comics, a formare il numero 24 della collana italiana Punisher MAX (Collezione 100% Marvel n. 267).

Caccia all’uomo raccoglie quindi cinque storie imperdibili di Frank Castle, detto Punisher, cinque pallottole esplose che nessuna protezione più fermare.

       

La prima storia, L’incidente di Jimmy (Jimmy’s Collision) è disegnata da Roland Boschi ma soprattutto ha la firma di Jason Starr, apprezzato autore di romanzi noir giunto anche in Italia con titoli come Niente di personale (Meridiano Zero 2005), Cattivi pensieri a Manhattan (Meridiano Zero 2006) e Doppio complotto, scritto a quattro mani con Ken Bruen (Fanucci 2007).

L’impianto è quello classico dello scommettitore compulsivo che continua a indebitarsi con la gente sbagliata in attesa della vincita giusta, quella che ti toglie dai guai ma che in realtà non è che il sogno di un perdente. Jimmy Frisco è il solito sognatore che spera nel bacio della dea Fortuna ma che nel fratemmpo si becca la canna di una pistola alla tempia: se vuole saldare il debito con l’allibratore locale, dovrà fare qualcosa di sporco. Qualcosa che lo porterà nel radar del Punitore...

             

Si prosegue con Dove il diavolo non indugia (Where the Devil don’t stay), dove la distorta prospettiva dei disegni di Connor Willumsen ci catapulta in una campagna abitata da bifolchi criminali. Jason Latour firma una storia in cui non esiste un briciolo di speranza, dove una famigliola che non ha nulla da invidiare a quella di Non aprite quella porta dovrà vedersela con Frank Castle. Ma soprattutto dovrà vedersela con i propri membri: il seme malvagio non è noto per generare buoni frutti...

             

Nel terzo episodio troviamo di nuovo un autore di romanzi, anzi un’autrice. Megan Abbott è nota da noi per romanzi come Morire un po’ (BD 2009) e Queenpin (BD 2010), e grazie agli stupendi disegni del nostro Matteo Buffagni concepisce una storia nerissima dal forte e intenso sapore pulp. Il nastro (The Ribbon) ha la struttura del noir più sognante, dove appunto il protagonista scende all’inferno mentre è convinto di star salendo in Paradiso, guidato da un angelo che mostra ali posticce. In tutto questo il ruolo di Angelo Vendicatore cade alla perfezione sul nostro Frank.

            

Caccia all’uomo (assente il titolo nell’originale) riesce ad essere una classica storia di Castle ma con alcune novità. Un padre che si rivolge a lui per avere vendetta dell’uomo che gli ha massacrato la figlia è qualcosa di classico - si sa che Frank non rifiuta mai di sporcarsi le mani per altri - ma scopriamo che un ristorante cinese gli fa da “ufficio” e da mensa! Una simpatica novità introdotta dall’autore Nathan Edmondson, aiutato dagli stupendi disegni di Fernando Blanco. Farla pagare ad uno schiavista moderno è sicuramente un piacere per il nostro Punitore, ma deve sempre stare attento perché niente è come sembra.

              

Il volume si conclude con la sorprendente storia Due parole sulla vendetta (titolo assente anche in questo originale): aiutato dall’ottimo Mirko Colak, Skottie Young crea una storia che fa riflettere sull’intera saga del Punitore.

Frank Castle è diventato il Punitore dopo che gli hanno ucciso la famiglia, e da allora uccide i criminali. Ma anche loro hanno una famiglia: e se ogni parente di criminale ucciso seguisse il suo esempio e diventasse un punitore? Insomma, l’autore ci suggerisce che il punishmet è un gioco senza fine e particolarmente pericoloso, e mette in bocca a Castle una regola di vita nobile e davvero condivisibile... Solo che sentirla da lui è davvero paradossale!

            

La grandezza del personaggio risiede nel fatto che è talmente versatile (seppur ferreo nei suoi princìpi base) da rendere benissimo tanto in lunghe saghe che in one-shot fulminanti. Ogni autore sa dare la propria versione personale del punishment, ognuno sa aggiungere una sfumatura all’eterno nero che avvolge Castle, e quindi non stupisce che dopo quarant’anni il personaggio è ancora lì - immacolato e senza ruggine - ad affascinare fan stagionati e nuovi lettori.

Perché il peccato è senza tempo, e quindi la punizione non passa mai di moda.