Sfogliava con certosina competenza una prima edizione rilegata. Alzò gli occhi dalle pagine e mi fissò. Era più alta di me, indossava un loden e le sue lenti cerchiate di tartaruga non appannavano la bellezza polare dei suoi occhi di madreperla. Sormontati da una frangia canuta.

- Signora - la salutai.

Lei rimise il libro sullo scaffale: - Ti preferivo quando m’insultavi per eccitarti, in quel letto di Camden Town.

- Era una vita fa. Una prostata fa. - Guardai nell’aria intorno a me.

- Hai paura dei fantasmi? - domandò lei.

Non le risposi. A quel punto, ogni parola aveva il peso del fumo emesso dopo una boccata.

- Non siamo più contenti di te - mi annunciò.

- Neanch’io di voi tutti - replicai. - I vostri apparati tecnologici, le vostre guerre asimmetriche, i vostri rimescolamenti di carte nella partita delle alleanze nascondono un’unica verità: avete perduto il controllo del gioco.

- O sei tu che non sapendo più ricavarti un ruolo in campo punti alla carica di arbitro? - ribatté lei. - Ti avevamo richiamato a Londra per un semplice rapporto e invece ti sei voluto esporre inutilmente con quell’eliminazione non richiesta.

- Il russo rilanciava di continuo - le ricordai. - Con voi, con i suoi. Perfino con gli americani, che quasi non c’entravano niente.

- Quasi.

- Ho fatto un favore a tutti.

- No. Era solo uno spot pubblicitario per te stesso. L’hai firmato con il polonio. La tua spezia preferita da aggiungere alle pietanze di certi convitati.

Volsi gli occhi a destra, con fastidio, senza nervosismo: - Troppo caldo qua sotto. Attira gli insetti.

- Questa è una cerimonia di licenziamento - concluse lei.

- Per la quale si scomoda una funzionaria del massimo livello - rimarcai.

- Te lo dovevamo. Dato il tuo stato di servizio.

- Eccomi disoccupato a Capodanno - constatai.

Scacciai una mosca. Che non c’era. Il gesto brusco finì con un colpo alla sua trachea. L’aria le si strozzò in gola con un suono pneumatico e la sorressi, poggiandola ad una parete di libri. Quindi le sfilai dalla tasca interna del loden l’automatica dalla matricola abrasa ed il silenziatore avvitato alla canna. Doveva servirle per spararmi. Io, però, l’avevo sospettato.

Da quando mi avevano inviato su un account criptato di posta elettronica l’invito a Londra. Più che sospettato, saputo, con certezza.

Ora, avevano la mia risposta nel suo cadavere. La migliore. Se non era riuscita a “licenziarmi” lei, non ci avrebbe provato nessun altro. Sentivo già risalire le mie quotazioni.

Non restavo disoccupato, a Capodanno.

© 2013 Enzo Verrengia