A un anno di distanza dallo strepitoso successo di Tutto quel nero [Il Giallo Mondadori n. 3041, ottobre 2011], Cristiana Astori torna a raccontarci una storia imbevuta di suspense e di mistero, in una Torino che di notte gioca con le ombre, mentre di giorno si mostra, e al tempo stesso si nasconde, dietro l'eleganza delle facciate e il fascino a volte ansiogeno delle sue piazze. Susanna Marino, protagonista di Tutto quel rosso [Il Giallo Mondadori n. 3071], sta ancora cercando di sfuggire ai fantasmi incontrati nella sua precedente avventura, quando si ritrova alle prese con una serie di feroci delitti che sembrano, letteralmente, inventati da Dario Argento per punirla, o forse premiarla, per la sua intenzione di scrivere una tesi su di lui.

           

Se in Tutto quel nero la morte era il ricordo allucinatorio di qualcosa di già avvenuto, qui la morte è un evento che accade adesso, nel momento in cui lo vediamo. Se il regista Jess Franco era affascinato dal fantasma, cinematografico e immortale, di Soledad Miranda, qui la cifra stilistica è quella appunto di Dario Argento, con la sua ambizione, non meno ossessiva, di filmare il momento del trapasso, l'istante preciso, immutabile e dilatato, in cui la vita abbandona il corpo della vittima, insieme al sangue che sprizza, rosso e incandescente come un'eruzione lavica.

Leggere questo romanzo è come rivedere gli spezzoni più angosciosi di Profondo rosso, con nelle orecchie l'eco della colonna sonora ritmata e incalzante dei Goblin, la stessa che Claudio Simonetti, con il supporto dei Daemonia, ha eseguito dal vivo nel luglio 2009, per accompagnare una proiezione speciale del capolavoro di Argento, presentata in diretta dall'autore proprio in piazza CLN, a Torino, la stessa in cui David Hemmings, nei panni di Marcus Daly, assiste alla morte della medium Helga Ulmann dietro i vetri della finestra.

Il sottoscritto era presente, insieme ad altre migliaia di persone, e può garantirvi che è stata un'esperienza quasi onirica, un'occasione per cogliere un'inquietante connessione tra le immagini in movimento, la musica ossessiva, e lo spazio fisico, reale, disegnato dall'architettura e letteralmente gremito dai corpi degli spettatori. Leggere Tutto quel rosso è un'esperienza molto simile, straniante e allucinatoria. Cristiana Astori, attraverso gli occhi sempre un po' stupiti di Susanna, ci conduce lungo un percorso, tortuoso e lineare a un tempo, nel quale convergono e si fondono le pulsioni allucinate dell'assassino e quelle non meno morbose di personaggi in apparenza normali.

                

Per colpa di quel particolare tipo di coincidenze che in una storia gialla sono facili a verificarsi, il percorso omicida dell'assassino e il vagolare un po' accidentale di Susanna si incrociano e si sovrappongono come in un balletto messo in scena da un coreografo impazzito, facendo addirittura addensare su di lei i sospetti del commissario di turno e portandola più volte sull'orlo del panico. Lo testimonia, a suo modo, la suggestiva immagine di copertina, nella quale possiamo vedere la sua sagoma in controluce, mentre corre a perdifiato – non è chiaro se verso la via di fuga rappresentata dalla porta di uscita, oppure dritto incontro al lettore – nell'atrio del collegio femminile (altra eco argentiana, in questo caso da Suspiria) in cui lavora come portinaia.

E, come nel film di Argento, una nenia infantile e paurosa fa da contrappunto a una vicenda che è come lo spartito di una folle sinfonia di morte, una sinfonia in rosso, tutto quel rosso, il sangue delle vittime massacrate a colpi di mannaia, che scorga e scorre, come un fiume inarrestabile, e quasi deborda dalle pagine fino a macchiarvi le dita.