…se sei stata costretta a mentire, è più facile farlo mescolando un po’ di verità alle balle… non sono io che mi sono fissata… ci siamo tutti fissati. Per adesso, sappiamo solo quello che ci ha detto lei. Era lì, e noi ci stiamo fidando. Ma sulla scena del delitto possono rimanere due tipi di persone, forse tre…. Ci può essere un testimone, è chiaro, ma anche un complice. O il colpevole

Marzo 2004, villetta di un paese alle porte di Bologna. Una scena raccapricciante: tre corpi massacrati a coltellate: padre, madre e la figlia maggiore. A terra, vicini, quasi ammucchiati. Molto sangue dappertutto e un odore caramellato che scivola in gola. Unica superstite, in stato di choc, la figlia minore: Elena Flores, 16 anni. Una famiglia felice distrutta: il chirurgo Giorgio Flores, la moglie Serena, tutta casa e beneficenza, e  Lucia, studentessa  modella e corista in chiesa.

Principale indiziato: il vicino, Stefano Grandi, amico del padre, e forse colto sul fatto, mentre sta violentando Elena, dal rientro improvviso del resto della famiglia. Che cosa si annida, però, dietro l’armonia domestica di una famiglia troppo perfetta? E’ il dubbio che assilla l’ispettore Giulia Vita, abituata ad andare sotto la superficie e rovistare nelle ortiche che pizzicano il cervello. Atteggiamento di chi convive con un male segreto; e il suo, la cefalea a grappolo, procura un dolore lancinante, come un ferro rovente e appuntito che buca l’occhio e lo strappa dall’orbita. Un dolore semplicemente insopportabile, che il corpo non riesce a contenere. Un dolore, però, che acuisce in Giulia i sensi e lo spirito critico di fronte a soluzioni troppo chiare e scontate.

Mentre dà la caccia all’indiziato scomparso, la polizia avvia le indagini: interrogatori, perquisizioni, intercettazioni, rilevamenti, analisi che portano alla luce assenze, egoismi, inconsistenze, tradimenti, droga e perversioni sessuali. Un buco attorno al quale gira tutto.  Anche se nessuno lo ammette, per rispettabilità. E sullo sfondo, in controluce, la vicenda reale di Erika e Omar: la strage di Novi Ligure, ancora nitida nell’immaginario dei giovani, soprattutto. Elementi che Giulia Vita utilizza per delineare, in un rincorrersi di  congetture, una nuova e incredibile verità. 

Poeta e autore per ragazzi, Andrea Cotti scrive sceneggiature per il cinema e la televisione, e tiene corsi di scrittura creativa e sceneggiatura. Un gioco da ragazze è un thriller d’esordio magistralmente architettato: capitoli frenetici, ritmo incalzante, tensione spasmodica, personaggi a tutto tondo, indizi a portata di mano e la soluzione finale inattesa, un colpo basso per il lettore.

Un romanzo che si gusta anche come una ricostruzione meticolosa della procedura investigativa e dei meccanismi mediatici e psicologici, che coinvolgono i minori. Uno specchio, per dirla con Carlo Lucarelli, che riflette le ombre più cupe e inquietanti di ciò che ci circonda.

Marinella Lombardi

Se in un piccolo paese della provincia italiana viene trovata sterminata un’intera famiglia, l’unica sopravvissuta è l’ombrosa figlia adolescente, magari accompagnata dall’inseparabile fidanzato, il lettore può avere la sensazione di trovarsi davanti ad un deja-vu.

Eppure questa è la premessa di Un gioco da ragazze, il debutto di Andrea Cotti nel genere thriller/noir. Lo scrittore bolognese, che ha affilato le sue armi con la letteratura per ragazzi, propone con questo romanzo un’inquietante lettura del mondo giovanile. Pescando nella cronaca nera, Un gioco da ragazze, traccia i punti di partenza di un racconto morboso e contorto, dove il parallelismo con la realtà, più volte richiamato, non fa che ingarbugliare le deduzioni del lettore e seminare falsi indizi.

All’ispettore Giulia Vita, il compito di indagare sugli omicidi, sondando il terreno più complesso, la mente della ragazza sopravvissuta.

L'elemento veramente noir di questa storia è infatti l’adolescenza, una generazione irrequieta nella quale si combinano incoscienza e analfabetismo affettivo.

Il noir è nella quotidianità della piccola provincia dove, tra le villette e il bar in piazza, si consumano perversioni sessuali e tradimenti, il tutto con la benedizione dell’ipocrisia. Niente a che vedere con la devianza, gli ambienti estremi e marginali tipici del genere; il male nel romanzo di Cotti è familiare, normale, "borghese".

Il male è un gioco, appunto. In questo caso, un gioco da ragazze.

Lo sguardo tutto al femminile è l’altra connotazione importante della storia; le due protagoniste si trovano gli antipodi della vicenda, una come investigatrice, l’altra come sospetta, e attorno alla dinamica tra queste due forze femminili, si srotola tutta la storia.

I personaggi maschili, quando non agiscono sullo sfondo, sono discutibili o deboli, come l’avvocato Miserre, sgradevole e interessato, o il succube fidanzatino Davide, che Elena manipola con le sole armi della sua goffa sensualità. L’unico personaggio maschile significativo (oltre che divertente) è Carmelo Pecora, ispettore della polizia scientifica di Forlì-Cesena. Dopo aver affiancato Giulia Vita e averla "supportata psicologicamente" con il suo senso dell’umorismo, Pecora ritorna nei ringraziamenti finali del libro, in quanto persona reale oltre che personaggio letterario. Un altro piccolo particolare del romanzo nel quale realtà e finzione narrativa si intrecciano.

La narrazione, veloce e ritmata, è articolata su due diversi livelli temporali. Le protagoniste agiscono nelle sezioni ricorrenti "adesso" e "prima del fatto", spesso separatamente, a volte incontrandosi. I due piani sono alternati da articoli di giornale, che giocano il ruolo dell’osservatore esterno. Andrea Cotti ricostruisce articoli di testate reali, con un linguaggio giornalistico verosimile ma un approccio grossolano, che sembra quasi suggerire l’inadeguatezza dei mezzi di informazione come testimoni credibili del proprio tempo. Le procedure e le indagini della polizia sono puntuali e ben descritte, anche se nella soluzione finale del giallo gioca un ruolo fondamentale il fiuto della protagonista, alla quale l’autore concede, forse un po’ troppo magicamente, la licenza di subodorare la pista giusta, anche in assenza di prove concrete.

Come tutti i progetti della Colorado Noir, anche Un gioco da ragazze è in lista per una trasposizione cinematografica; sembra addirittura che i lavori per la realizzazione del film siano già a buon punto. Non resta che aspettare per vedere se l’ispettore Pecora entrerà in carne e ossa anche nel film o se, molto più banalmente, lascerà a un attore il compito di interpretarlo…

Daniela Patanè