Ospite graditissimo e ben conosciuto sulle pagine di thrillermagazine è oggi Lorenzo Trenti vulcanico e geniale creatore di scenari per murder party, autore di svariate pubblicazioni in merito e grande esperto di giochi in tutte le loro declinazioni. L’occasione era troppo ghiotta per lasciarcela sfuggire e quindi abbiamo posto qualche domanda a questo originale e brillante autore, sul suo lavoro in genere e in merito alla sua ultima pubblicazione: Murder party. A cena con il morto (ultra – Castelvecchi) – in coppia con Antonello Lotronto.
Potresti spiegare, ai pochi che ancora non li conoscono, cosa sono i murder party?
I murder party sono una categoria di intrattenimenti e di giochi dal vivo che ambiscono a ricostruire una vicenda gialla. Tipicamente si tratta quindi di una storia in cui c'è appena stato (o ci sarà a breve) un omicidio: i partecipanti sono chiamati a investigare per raccogliere indizi e testimonianze e, alla fine, formulare le proprie accuse per indovinare chi è il colpevole.
Di fatto si tratta di una famiglia di attività che si può presentare in vari formati: dal gioco fatto tra amici in cui ognuno dispone di una scheda del personaggio con i suoi segreti e le sue testimonianze, a proposte professionali realizzate da vere e proprie compagnie specializzate, che usano attori per mettere in scena cene con delitto o weekend col morto.
Come è nata l’idea di questo libro? Sappiamo che è la prosecuzione di un progetto/percorso, ma ci diresti qualcosa di più?
L'idea era quella di scrivere il libro che avrei voluto leggere io quando ho iniziato a interessarmi alle cene con delitto! Spero non sembri supponente, ma davvero, esiste poco o nulla in merito. Mi sembrava quindi interessante fare un po' il punto su questo fenomeno in costante crescita. Anche, non voglio nasconderlo, perché la qualità delle proposte che vedo in giro è molto variabile. Mi sembrava giusto cercare di tracciare un elenco di buone prassi organizzative e fornire materiali di gioco da giocare, ma anche da prendere come esempio (foss'anche solo per partire da una base e poi migliorarla). Per fare tutto questo non potevo lavorare da solo e quindi ho avuto l'onore di scrivere il libro a quattro mani con Antonello Lotronto, che è colui che ha introdotto i murder party in Italia assieme a Remo Chiosso ed è, a tutt'oggi, l'organizzatore della più antica e importante compagnia italiana di cene con delitto, murderparty.it.
Dal canto mio ho è il terzo libro che dedico al tema, dopo le raccolte di scenari Aperitivo con delitto e Dopocena da brivido pubblicati da Delos Books, e quindi direi che questo volume si pone assolutamente in continuità con quella esperienza. Anche nel titolo culinario...
Quanto devono i murder party al giallo classico inglese e ai misteri della camera chiusa?
Tantissimo. Tra l'altro i murder party sono emersi proprio a partire dall'epoca del giallo classico. C'è addirittura un romanzo di Agatha Christie, La sagra del delitto, in cui Poirot si ritrova invischiato dentro a un murder party organizzato dalla scrittrice Ariadne Oliver. Manco a dirlo, la vittima “per finta” viene uccisa per davvero e da lì inizia l'indagine.
Più in generale attinge al giallo classico proprio il meccanismo stesso della detection, con la raccolta di indizi e la ricostruzione. Poi di fatto sono state esplorate ambientazioni e stili anche molto diversi dalla solita villa inglese; sono state realizzate ricostruzioni storiche, o altre più ammiccanti al noir e thriller. Il giallo classico è un genere già di per sé molto giocoso, una sfida tra scrittore e lettore: il murder party si limita a riproporla in una veste più spettacolare.
Quali pensi che siano i margini evolutivi e di sviluppo nel nostro paese? Pensi che si possano creare delle variazioni legate a tematiche, ambientazioni e personaggi nostrani?
Ci sono già! Anche se l'omicidio nella villa inglese anni '30 non passa mai di moda, in realtà vedo sempre più spesso ambientazioni italiane e contemporanee. Quindi non è la fantasia che ci manca... semmai la qualità.
Ebbene sì. Come scriviamo anche nel libro, il fenomeno dei murder party ha subìto un boom, con una crescita abnorme. Questo denota indubbiamente dell'interesse ma crea anche una sovrabbondanza di offerta, spesso di qualità davvero bassa. Siamo un po' come nei primissimi anni dell'invenzione del cinema: va bene, alla gente bastava vedere il semplice movimento di un cavallo o di un treno per andare in visibilio. Ma dopo un po' hai bisogno di una storia vera, di una sceneggiatura, di una recitazione convincente... Nel campo dei murder party professionali anche il pubblico cerchi sempre di più qualità nelle trame, qualità nella scrittura dell'evento e delle sue possibilità di interazione col pubblico, e anche qualità nell'aspetto umano, dalla recitazione all'accoglienza.
Quali problemi nascono nell’ideare e nel realizzare una narrativa non lineare come quella necessaria per le varie ambientazioni?
È una domanda molto interessante. In effetti quella di “narrativa non lineare” è una definizione molto azzeccata: c’è una storia gialla che invece di leggere dall’inizio alla fine spezzettiamo fra indizi, accuse, mezze parole, sospetti e ovviamente “aringhe rosse”, cioè falsi indizi.
Prevedere come verranno fuori gli indizi e le informazioni costituisce la difficoltà di chi scrive murder party, e quindi il fulcro di questa arte. Ma è anche la parte più divertente: si tratta di immaginare che aspettative si creano nella testa del partecipante nel momento in cui gli metti davanti, per fare un esempio, una ricca ereditiera di mezz’età e un aitante uomo di fatica sudamericano. > Probabilmente tutti penseranno che ci siano una tresca, e questa è un’aspettativa possibile. A questo punto chi scrive murder party sa che ha a disposizione un appiglio che può manipolare consapevolmente: diamo degli indizi a favore di questa interpretazione? Oppure lasciamo immaginare che ci sia una tresca del genere, e invece alla fine ribaltiamo le carte in tavola per mostrare che in realtà stava accadendo tutt’altro? Si può davvero ottenere qualsiasi effetto. Per riprende una tua domanda precedente, anche questa è una lezione che deriva direttamente dai maestri del giallo classico, col loro sapiente gioco di depistaggi.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?
La vita.: -) Scherzo ma non troppo. In generale qualsiasi cosa può diventare una fonte di ispirazione. Articoli di giornale, libri di saggistica, spunti su un forum, perfino una cosa sentita in treno carpendo la conversazione di qualcun altro. Del resto anche Agatha Christie, dice la leggenda, scrisse Perché non l’hanno chiesto a Evans? proprio perché udì questa frase e avvertì la necessità di costruirci intorno una storia. Qualsiasi cosa può diventare lo spunto per un bel delitto, basta avere curiosità e volare con la fantasia per ricamarci sopra e cominciare a farsi delle domande. Forse la vera fonte di ispirazione è mantenere un atteggiamento “ipotetico” che ti fa sempre chiedere: “e se…?”
Quali sono i tuoi progetti futuri? Cosa bolle in pentola?
Sto ancora definendo i miei progetti per l’anno prossimo. Ora mi sto iniziando a occupare di giochi urbani, vedremo che ne verrà fuori. Ma di sicuro voglio continuare a scrivere progetti, perché lo trovo molto divertente. Il mio obiettivo resta quello di continuare a scrivere eventi ambientati nel contesto storico esatto del luogo in cui ci troviamo, come la cena con delitto in costume alla festa medievale dell’Abbazia di Pomposa, con la vicenda che ruotava proprio attorno alla storia dell’abbazia. Si tratta di sfide che riescono a unire in un’unica serata cultura, divertimento e, non nascondiamocelo, ottima gastronomia. Quando riesce bene, è una vittoria su tutta la linea.
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