Come in ogni binomio che si rispetti, qui eros e thanatos si spodestano a vicenda, senza appesantire la narrazione, ma anzi, rendendola più briosa e sciolta, con una formula linguistica quasi cinematografica ma comunque composita, verosimile nei dialoghi, precisa nei passaggi. Ma facciamo un po’ di storia editoriale. Nel 2011 esce per Longanesi “L’allieva” (qui il sito dedicato), che ottiene tanto successo che – nella primavera del 2012 – Longanesi pubblica il seguito “Un segreto non è per sempre” e – nel novembre dello stesso anno – “Sindrome da cuore in sospeso”, prequel agli altri due:
«Alice Allevi ha un grosso problema. Si è appena resa conto di non voler più diventare un medico, ma non ha il coraggio di confessarlo a nessuno, e non sa cosa fare del suo futuro. Ma siccome la vita è sorprendente, sarà l’omicidio di una persona vicina alla sua famiglia a far scoprire ad Alice la sua vocazione: la medicina legale».
Così comincia il cammino della ragazza verso quello che sarà il suo destino, un cammino certo non facile sia per gli ostacoli che incontra sia per via di quel giovane seducente dottor Claudio Conforti che ritroveremo in tutta la trilogia: uomo di successo bello, sicuro di sé, sfuggente, abituato alle adulazioni e piacione, «non gli manca nessun requisito, ha finanche il mento volitivo e la carnagione olivastra». Ed è maledettamente sincero quando si tratta di mortificare Alice:
«Sei maldestra. E quel che è peggio, non capisci che non dovresti esserlo. Sei una tontolona. Questo lavoro richiede tutt’altro carattere. Bisogna confrontarsi con la magistratura e con le forze dell’ordine. Bisogna saper tenere testa agli avvocati e a volte anche ai giornalisti. Devi essere uno squalo, altrimenti gli altri ti mangiano. Tu non sei uno squalo, Alice».
Verissimo. Non sarà uno squalo ma si sa difendere bene la fanciulla: in un mondo popolato da pesci piccoli che ossequiano i pesci grossi, lei si muove spinta da sensibilità, coraggio, tenacia. Sempre pronta a mettersi in gioco, a ridiscutersi, migliorare, passare esami. Si ritroverà a perfezionarsi in un Istituto di Medicina Legale che ama profondamente, ma da cui pare inizialmente venire respinta, come ho scritto nella recensione al suo primo libro: i superiori e i suoi diretti referenti le sono ostili, rischia addirittura di ripetere l’anno e non gode certo della stima altrui, questo in un ambiente di lavoro in cui la struttura piramidale le sbatte in faccia, ad ogni occasione, la posizione in cui le leggi gerarchiche relegano i non-protetti e gli ultimi arrivati.
La trama gialla è curata anche se non focalizza totalmente l’attenzione del lettore, ma questa è una scelta voluta — non dimentichiamo che il percorso investigativo è tracciato da un’esterna alla polizia e ciò complica le cose perché non le è consentito un accesso diretto alle indagini –: tuttavia il filo giallo si mantiene come leit-motiv e le indagini personali vengono condotte con precisione. La precisione caratterizza altresì tutto l’iter relativo all’individuazione della causa mortis e allora davvero sembra che Alessia Gazzola prenda per mano il lettore e lo conduca in sala autoptica. Insomma, tre bei libri interessanti e divertenti, ottimi come regalo natalizio. Uno alla volta (cominciate da quello appena uscito) oppure, se proprio volete fare un figurone, regalate l’intera trilogia di Alice Allevi.
Sicuramente in Alice Allevi c’è qualcosa di te, fosse anche solo che con lei dividi la professione. Come è nato questo personaggio? E, soprattutto, come si è evoluto?
Alice è nata come realtà alternativa alle mie tetre e spesso sfiancanti mattine in Istituto, quando ero ancora una specializzanda al primo anno di corso. Avevo sempre scritto, sin da quando ero piccolina, e in genere nei miei romanzi, anche se mai autobiografici, inserivo sempre gli elementi più caratteristici del momento storico che stavo vivendo. Quindi, da liceale, scrivevo storie da liceali, per esempio. Quando sono diventata una specializzanda in Medicina Legale, scrivere una storia che ne contenesse almeno un po' è stato un passaggio per me abbastanza scontato. All'inizio desideravo che fosse l'antieroina per eccellenza, del tutto poco credibile per la carriera che aveva scelto di intraprendere. Desidero tuttavia che nel corso della serie si evolva da "macchietta" troppo maldestra e insubordinata a professionista concentrata e affidabile. Naturalmente il percorso sarà lungo e periglioso... per lei e anche per me, come autrice, sarà una sfida realizzare il tutto con coerenza.
Ci parli del tuo rapporto col tuo lavoro?
È un rapporto difficile. Ogni giorno la Medicina Legale mi mette di fronte ai miei limiti come essere umano e come medico in particolare. Ma sono molto appassionata e metto in quello che faccio tutto l'impegno che posso.
L’ambiente professionale in cui si muove Alice è spesso ostico perché accanto a “grandi capi” si inchinano cortigiani e arrivisti. Lei come si pone?
Alice osserva tutto con un occhio tra il disincantato e il perfido ed è sempre molto ironica. O almeno, questo è quanto io da autrice cerco di rendere!
Il dottor Conforti rappresenta un “tipo d’uomo” molto diffuso al giorno d’oggi. Alice l’ha inquadrato, col tempo, nel suo giusto profilo. Tanto impeccabile lui, quando impacciata lei, eppure è grazie alle intuizioni di quest’ultima che si risolvono i casi. Tutto intuito e casualità o filtri anche il messaggio che, in fondo, la preparazione unita all’eccessiva sicurezza perde di spessore?
È esatto. Claudio rappresenta, tra l'altro, proprio la perdita dell'umiltà professionale, che può portare a tralasciare degli elementi importanti quando ci si sente troppo sicuri e convinti di aver capito tutto e si è troppo spavaldi per mettere in discussione le proprie tesi.
L’amica giapponese di Alice, Yukino, dà un tocco esotico alla convivenza: un bell’esempio di integrazione riuscita?
In effetti ne emerge questo, ma per me, di fatto, il personaggio di Yukino voleva essere un omaggio alla cultura giapponese, che ha un posto speciale nel mio cuore.
A pag. 79 di “Sindrome da cuore sospeso” scrivi: «Non sopporto di vedere la gente che soffre, mi affligge l’aria apprensiva dei parenti che assalgono i medici chiedendo risposte sui loro congiunti, non posso ascoltare l’esternazione di dolore. Guarirò? Non guarirò? Non riesco a rapportarmi alla sofferenza umana». È da questo che, nel suo caso, è nato l’amore per la medicina legale, dalla discrasia tra incapacità di sopportare il dolore e desiderio di colmarlo? E tu come mai hai scelto questa facoltà?
È un tipo di sensazione che anch'io ho sperimentato, anche se in Alice ho amplificato il tutto e ne ho fatto il movente per una scelta di vita piuttosto radicale. Per conto mio ho vissuto una crisi direzionale, quando ero ancora una studentessa. Mi è successo quando ero al secondo anno di medicina, ma per fortuna è stata una crisi assai breve, anche se forte. È una professione davvero troppo complessa sotto ogni punto di vista, un percorso formativo lineare e sereno non è credibile. Non si può non essere attraversati da dubbi e insicurezze. Per quanto mi riguarda, tuttavia, la scelta della Medicina Legale non è stata dettata da queste emozioni, o comunque non soltanto. È stato un incontro casuale e folgorante, quando in realtà avevo già deciso di occuparmi di tutt'altro. Ma dopo aver frequentato l'Istituto ho capito chiaramente che la mia strada sarebbe stata un'altra e ho cambiato radicalmente percorso. Non me ne sono mai pentita.
Ci racconti una tua giornata-tipo, divisa tra Istituto e scrittura?
Da quando ho finito la specializzazione frequento l'Istituto più raramente. In realtà sono divisa tra Tribunali e Assicurazioni. La scrittura è il mio conforto serale e nei week-end.
I tuoi colleghi ti leggono? Cosa dicono dei tuoi libri?
Mi leggono con grande curiosità. Dicono di apprezzarli, e in molti casi ci credo, ma chissà poi se è la verità...
Il rapporto con la critica. Il web offre ulteriori opportunità, ma quali sono i suoi limiti?
Il limite del web è che ognuno è libero di dire quel che vuole. Può sembrare un concetto antidemocratico, ma la verità è che chiunque, con le motivazioni più varie, può avere - sempre con la tutela dell'anonimato - il proprio momento di gloria scrivendo di tutto e spesso senza alcuna cognizione di causa. Per questo, non credo che tutto quello che leggo sia attendibile né da tenere in considerazione e credo, al contrario, che le fonti vadano vagliate accuratamente. Per cui ritengo valide e degne di essere ascoltate soltanto le critiche che provengono da coloro i quali hanno la correttezza di scrivere qualcosa con la completezza del loro nome e cognome. In questo caso, la critica che proviene da un vero e serio lettore ha tutto il mio rispetto e nella maggior parte dei casi, la considero anche più utile di un complimento!
Cosa stai scrivendo ora?
Sto scrivendo il mio quarto romanzo, sempre della serie di Alice Allevi. Sono entusiasta del progetto ma sono terrorizzata dall'idea di non essere in grado di sviluppare adeguatamente le idee che ho avuto e che mi piacciono così tanto. In ogni caso sono già a buon punto e spero proprio che il romanzo veda la luce molto presto. Così come “Un segreto non è per sempre” era caratterizzato da un'atmosfera "parigina", quella del nuovo capitolo è nettamente mediorientale.
Ci saluti con una citazione da uno dei tuoi tre libri?
È il titolo di un capitolo del mio preferito tra i tre libri pubblicati finora: Un segreto non è per sempre. "Tu possiedi un ricordo prezioso, che io non ho più. Il ricordo di com'ero si è incastrato nella tua memoria perché non hai visto cosa sono diventato."
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