Sullo sfondo di una città di provincia che lentamente si sta rialzando dopo la tragedia della guerra, l’amore impossibile di Davide per Sofia subisce un duro colpo quando la ragazza si trasferisce al nord a causa del lavoro del padre.
Allora qualcosa di oscuro si accende nella mente di Davide. Qualcosa che Mario, legato a lui a doppio filo, è destinato a portare a compimento.
Questo l'incipit di Dalle cime degli alberi:
"Su. Su. Con fatica. Una manata dopo l’altra, le dita che afferrano il ramo appena più in alto, i piedi che sudano nei sandali mentre cercano un punto fermo per il nuovo slancio. Ancora più su. Nell’affanno della calura di fine estate, appena stemperata dal vento leggero che fa sussurrare le foglie. Su. Attento a non scivolare, le dita che sanguinano per l’ultima presa, le ginocchia nude che si graffiano contro la corteccia ruvida. I muscoli si contraggono sotto la maglietta fradicia, i tendini si allungano e si rilassano. Gli occhi puntano quel ramo di sempre, dove poi ci si può sedere senza pericolo e guardare il mondo come da una mongolfiera. Ma senza essere visti.
Lei è in giardino. Il vestitino bianco lascia le spalle scoperte. Sono pallide e rotonde come le palle di gelato alla crema della Veneta. Ha un cappellino a tesa larga che le lascia il viso in ombra. Siede su una panchina del giardino e legge un libro, ma la distanza impedisce di decifrare il titolo. Il vento le agita la gonna. Sofia. Sa che si chiama così perché è così che la chiama sua madre. Il grande oleandro che troneggia sul giardino sembra volerla proteggere, mentre lei sfoglia le pagine una dopo l’altra. Qualsiasi sia la storia che sta leggendo, la appassiona a tal punto da non farle mai alzare la testa. Nemmeno quando nel giardino entra una macchina. Al lui piacciono le macchine. Quella in questione è una Lancia Appia color turchese. Entra a passo d’uomo e si ferma sotto l’oleandro. Scende un signore distinto in giacca e cravatta. Lo ha visto tante volte. Parte la mattina e torna all’ora di pranzo. Riparte alle due del pomeriggio e torna verso le sei o le sette. Lavora in banca. Si avvicina a Sofia e lei gli sorride. Le da un bacio ed entra in casa. Passa poco e la madre si affaccia alla piccola veranda. La chiama, ché è ora di pranzo. Sofia chiude il libro delicatamente e lo porta con sé. Il giardino resta deserto. Rimane solo Gastone, un gatto enorme che se ne sta sdraiato sotto la panchina di Sofia e se ne infischia se è ora di pranzo.
C’è qualcun altro che sta chiamando. È una voce di donna e il ragazzo la conosce bene."
Simone Togneri è nato a Barga, si è diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Ha pubblicato i romanzi Dio del Sagittario (L’Età dell’Acquario) e Cose da non dire (Lindau).
Suoi racconti sono apparsi in Tutto il nero dell’Italia (Noubs), Racconti nella rete 2008 (Nottetempo), Carabinieri in giallo 2 (Mondadori), Toscana in giallo (Frilli) e su Cronaca Vera, Sherlock Magazine, Il Carabiniere e Il Manifesto.
Vive e scrive le sue storie in una grande casa ai margini di un bosco ai piedi dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Il suo blog è: http://simonetogneri.wordpress.com
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