Diversi i motivi di interesse per questo film diretto nel 1981 da John Glen, il primo senza Harry Saltzman alla produzione passata saldamente alla famiglia Broccoli di cui Michael G. Wilson si rivela degno rappresentante e co-sceneggiatore insieme a Richard Maibum.
Siamo in un’era in cui lo script è totalmente asservito all’azione, in pratica un collante tra varie scene concepite per esaltare spettacolarità e set. L’umorismo è ancora abbastanza contenuto (se escludiamola pessima idea di Blofeld che implora Bond offrendogli una catena di supermercati...) e alla fine lo spettacolo è di qualità.
Per dirla tutta la storia attinge da diverse fonti originali (gli scritti di Ian Fleming) in maniera intelligente e si mantiene, dopo gli eccessi di Moonraker, su un piano più realistico. In qualche modo riecheggia pure Dalla Russia con amore per il recupero dell’ATAC che fornisce un risvolto prettamente spionistico. Siamo ancora in epoca di Guerra Fredda ma la contrapposizione tra i blocchi è poco più di un pretesto, la vera lotta si svolge tra Bond e i contrabbandieri di oppio della quale l’assalto alla roccaforte in Albania è forse uno dei pezzi più riusciti dell’intera pellicola, privo tra l’altro delle solite baracconate in stile Moore. Torniamo al film.
Cominciamo con una sequenza pretitoli di testa che già dovrebbe far fremere gli appassionati. Bond porta i fiori sulla tomba di Tracy e, richiamato in missione sale a bordo di un elicottero che scopriamo telecomandato da Blofeld. Si tratta di una scena aerea ben riuscita: se non realistica, convincente che gioca con abilità la carta dell’emozione della vertigine. Peccato, come dicevamo, per la chiusura quasi da barzelletta. Tra l’altro non si capisce perché Bond, messe le mani sul super criminale invece di consegnarlo lo scarichi in un altoforno.
Ci sono i classici della serie dallo sci (anche se la sequenza di Cortina sembra un concentrato di sport olimpici in tutte le specialità che non sarebbe stato male accorciare almeno nella parte del bob e dell’hockey) il combattimento subacqueo, l’inseguimento in auto che, questa volta, non è la solita auto super accessoriata ma un simpatico Maggiolino. Ottimo taglio delle immagini, musica di accompagnamento adeguata e l’impressione che tutto sia “vero” e non in CGI (all’epoca era impensabile e pure morì uno stuntman) accontentano i fan dell’azione.
Sotto questo profilo una delle scene più emozionanti è la scalata alle Meteore a Kalambaka che resta insuperata per equilibrismi e tensione almeno in questa fase della carriera di Bond. Roger Moore, ormai un po’ appesantito ma sempre efficace nei primi piani, si avvale di buone controfigure e la coreografia dei combattimenti grazie al suo doppio Bob Simmons, è eccellente. Come già osservato l’assalto alla base dei contrabbandieri d’oppio in Albania aggiunge realismo a una vicenda sempre comunque sopra le righe.
Insomma il “giocattolone” tiene e, se pure stia andando in controtendenza con il cinema d’azione degli anni ’80, soddisfa i suoi fan più che nell’episodio precedente. Parte del merito va senz’altro a Carole Bouquet qui magnifica con una capigliatura lunghissima e il viso adatto alla donna coraggiosa e volitiva che interpreta.
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