Due ragazzi allo sbando, due delinquentelli che definire di mezza tacca è eccessivo, Frankie (Scott McNairy) e Russel (Ben Mendelsohn), vengono ingaggiati da un altro personaggio minore, Johnny Amato, dal pittoresco soprannome di Scoiattolo (Vincent Curatola) per un colpo talmente idiota che, forse, potrebbe anche riuscire: rapinare una partita di poker organizzata nelle bische mafiose.
Quello che fa gola allo Scoiattolo è che è convinto di poter sfuggire alla vendetta mafiosa perché un colpevole c'è già, a fare da parafulmine, il biscazziere Markie Trattman, che in passato ha fatto lo stesso giochetto, organizzando una rapina che ha provocato il crollo dell'economia criminale della zona.
All'epoca la passò liscia, perché il fatto si riseppe quando ormai la momentanea crisi economica era stata superata, ma ora Amato è convinto che Markie sarebbe il primo sospettato, e verrebbe ucciso senza troppi problemi e altre storie, giusto per ridare fiducia all'ambiente.
Ed è quello che avviene, in un primo momento. L'avvocato delle famiglie, che conosceremo solo come l'”Autista” (Richard Jenkins), contatta lo sbrigafaccende Dillon (Sam Shepard), perché trovi i colpevoli. Ma questi è malato e incarica al suo posto Jackie Cogan (Brad Pitt), uno che “vuole fare le cose per bene”.
Cogan è convinto che Trattman non sia così stupido da rifare due volte lo stesso giochetto, ma è convinto che uccidere il biscazziere sia un modo per “ridare fiducia all'ambiente”, per fare sì che la gente torni a giocare, i soldi a circolare.
La chiave interpretativa del film è proprio nel parallelo tra questi concetti di microeconomia criminale e i grandi problemi dell'economia globale.
Sin dall'incipit a fare da contrappunto agli eventi sono i commenti fuori campo, presi da discorsi di Bush (il film è ambientato tra la fine del suo secondo mandato e l'elezione di Barack Obama, uno dei momenti di maggiore intesità dell'attuale crisi finanziaria), e le vicende criminali.
Quando irrompe la voce parlando di “misure straordinarie”, ecco che i mafiosi pestano, uccidono, fanno ciò che possono per ristabilire l'equilibrio, visto che “alcuni soggetti irresponsabili hanno turbato il mercato”. Ma se gli scagnozzi di Cogan, Barry e Steve Caprio (Trevor Long e Max Casella), nonché il loro stesso capo, hanno le idee chiare su come procedere, come tutto sommato le hanno nella vita reale molti di noi, ecco che i vertici, ossia i misteriosi mafiosi senza volto che hanno nell'avvocato solo un pavido rappresentante, sono incapaci di agire, riuniti eternamente in comitati, come lo sono i nostri governanti.
La vicenda continua così, con l'apparire di figure perdenti e contradditorie, come il “consulente” criminale Mickey (James Gandolfini), che come alcuni dirigenti di società fallite, approfitterà solo di alcool e puttane, incasinando ancora di più le cose.
Siamo di fronte quindi a un noir che ha un sotto testo trasversale che è la storia di una crisi economica e sociale di un sistema, una versione in scala ridotta del momento storico che viviamo, pur se ispirata a un romanzo degli anni '70 di George V. Higgins.
Il film alterna piani e movimenti di macchina virtuosi a momenti statici, lunghi dialoghi in auto, nei locali, intensi campi e controcampi, lasciando molto spazio alla parola, ma con momenti di puro spettacolo.
Il mix non è ben bilanciato e in taluni momenti sarebbe preferibile qualche taglio. Per fortuna la prova dell'ottimo cast di attori aiuta a sopportare le lungaggini.
Quello che sorprende però è che si ride, o si sorride a denti stretti, davanti a un nero criminale che si trasforma in satira.
Il regista stesso afferma di credere che “i film sulla criminalità siano fondamentali per il capitalismo, perché mostrano il funzionamento della teoria capitalista nella sua forma base.” Secondo me ha persino ragione quando afferma che è 'l’unico genere in cui viene totalmente accettato che i personaggi agiscano spinti solo dalla brama del denaro. Niente stronzate sulla morale come “i valori della famiglia” o “segui il tuo sogno”.'Siamo quindi davanti a un film che sembra parlare di criminali, ma alla fine parla, mutatis mutandis, di lavoratori e padri di famiglia in crisi, di persone perennemente bisognose di denaro che hanno a che fare con vertici sociali incompetenti che mandano tutto letteralmente a “puttane”.
Quando poi la Mafia tratta sul prezzo delle consulenze criminali, invocando la recessione come una qualsiasi azienda odierna, immagino partite IVA vessate che riascolteranno le stesse parole, le stesse surreali situazioni. Si ride per non piangere in questo caso.
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