Giorgio Bona ha scritto un libro scomodo, scomodissimo. Non è un vero romanzo, anche se ne ha la forma. Non è un saggio, che non avrebbe avuto altrettanta espressività umana e morale. È un testo di controinformazione narrativa, non saprei in quale altro modo definirlo.
Con queste righe di inizio della sua quarta di copertina, Valerio Evangelisti definisce il libro di Giorgio Bona. Da qui si comprende quanto il noir cali dentro la storia tenendo una linea di confine ben precisa tra narrazione e ricerca, tra finction e fatti reali.
Il libro rimuove un fatto tenuto nascosto per quasi settant’anni: l’omicidio di Mario Acquaviva, dirigente comunista ucciso a Casale Monferrato immediatamente dopo la Liberazione.
Dopo aver scaricato cinque colpi d’arma da fuoco i due attentatori si danno alla fuga, urlando di aver giustiziato una spia fascista. Nasce immediatamente la sensazione che questo omicidio nasconda una forte valenza politica. Subito dopo il fatto si alza un muro di omertà e di silenzio.
Attraverso, appunto, una narrazione che si muove tra fiction e avvenimenti reali, centrata su fonti storiche e documentali, il romanzo ripercorre gli ultimi due anni di vita di un personaggio che la storia ha tentato in qualche modo di rimuovere e far passare nell’anonimato.
L’impegno di Mario Acquaviva è rivolto ai mutamenti legati alla resistenza, quella resistenza che per lui rappresenta lo spostamento degli interessi borghesi che hanno annusato per tempo il declino del regime.
Dotato di temperamento ardente, volitivo e appassionato e, nello stesso tempo, di una intelligenza lucida e precisa, Mario Acquaviva lavora per la divulgazione delle sue idee e dei suoi principi che hanno come protagonisti i mezzadri e gli operai, soggetti deboli di una società da cambiare.
Dagli scioperi organizzati ad Asti alla Waj Assalto, alla divulgazione delle idee legate alla lotta di classe Bona ci racconta del personaggio Acquaviva e di tutte le contraddizioni sociali e politiche di quel periodo. In questa difficile situazione si consolida l’urto insanabile con Secchia e Togliatti che ne hanno decretato l’espulsione per frazionamento trotzkista.
Rivive in queste pagine il forte temperamento di un grande idealista ingiustamente dimenticato per le lotte che ha sostenuto esponendosi in prima persona e pagando a caro prezzo il suo operato
Tra verità e finzione romanzesca, tra sentimento e impegno civile, Sangue di tutti noi è il romanzo di una pagina accantonata della nostra storia recente.
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