Esiste l’eta dell’innocenza? Se esiste, Montanari ci dimostra che non è certo l’adolescenza e lo fa nel suo ultimo romanzo, da poco uscito per Dalai editore, "Il tempo dell'innocenza". Milano,1986: immaginate tre giovani amici. Damiano, il protagonista del libro, buono, ma non abbastanza tenace da poter contrastare Ivan, il capo carismatico. Poi c’è Ermanno, il più debole del gruppo, che vive con la madre Regine e quei due strani servitori della gioventù hitleriana che sembrano guardie del corpo. È una donna inquietante, Regine, resa ancor più misteriosa dal suo talento di indovina. Sa leggere le rune, i ventiquattro segni dell’alfabeto – più un venticinquesimo vuoto – di ascendenza vichinga, teutonica e celtica. E quando invita a casa i due amici di Ermanno per sfogliare il loro destino, scopre che il futuro le serba una brutta sorpresa: suo figlio morirà per colpa dei suoi amici. Forse non sarà proprio colpa di Damiano, la forza propulsiva del male proverrà da Ivan. Regine sa distinguere, ma non negli anatemi:
«Io ti maledico. Forse tu non sei cattivo, Damiano, ma hai un’aria cattiva intorno a te. Un’aria malefica. La tua vita sarà vuota e tu porterai solo dolore a chi ti starà vicino. Solo infelicità. E adesso vattene e non tornare più»
Tutto parte da uno stupido scherzo ambientato in un bosco e orchestrato da Ivan alle spalle di Ermanno, colpevole di averlo preso in giro per la sua balbuzie: Damiano non è convintissimo, ma si lascia coinvolgere e gli eventi prendono una brutta piega. Così brutta che non basteranno venticinque anni per dimenticare. Ed è proprio venticinque anni dopo che Ermanno si suicida e Regine chiede a Damiano di uccidere Ivan con un ricatto che prevede lo scambio di una vita per un’altra vita. Con una chiusura ricca di colpi di scena, Raul Montanari dà un’ulteriore prova nel genere post-noir con una bella scrittura lineare e con una storia certo non prevedibile.
Qui lo scrittore parla del libro:
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