Una sgangheratezza pulp…
Savana padana di Matteo Righetto, Tea 2012.
San Vito, tra il Brenta e il Piovego, “Una chiesa, tre condomini e qualche villetta”. Spaccato in due da una strada lunga, da una parte il Bar Sport, dall’altra il Bar Centrale. Da una parte furfanti nostrani (i “tosi”), dall’altra zingari e cinesi di pari grado. Soprannomi tutto un programma come Sacramento e il Bestia. All’ordine del giorno furti, smercio di droga, riciclaggio di soldi sporchi, nel mezzo il carabiniere Tommaso Fetente (vedi un po’ anche i cognomi) che rubare sì ma non a quelli che poi a lui rompono le palle. Soprattutto il 13 giugno, festa di Sant’Antonio, che attira una miriade di zingari da tutte le parti. Meglio due chiacchiere con il loro capo per strappare una promessa. Ma si sa le promesse sono una cosa, i fatti un’altra. Soprattutto se si frega una statua che proprio solo da statua non fa. Allora incominciano i guai e succede un casino del diavolo con morti che spuntano da tutte le parti e ci si mettono pure i tuoni e i fulmini a dare il loro fattivo contributo. Non c’è più religione “Ah, povera Italia. Ormai ze ‘ndà tuto ramengo!” come ripete metodicamente Nane.
Scrittura veloce, energica, personaggi grotteschi, ributtanti, ironia sferzante, qualche spunto in dialetto e qualche amara verità ridicolmente tragica che fa capolino nella baldoria infernale. Una sgangheratezza pulp sulle orme Maestro Victor Gischler. E non sarebbe stato male averla ancor più accentuata.
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