[…] ti scrivo in occasione di un racconto che non so chi mi ha commissionato per un’antologia noir. Non so nemmeno cosa sia il noir. E probabilmente non lo sa nemmeno chi me l’ha chiesto. Mi è sembrato però un compitino che potevo sbrigare rapidamente.
(Luca Pakarov, “Lettera ad un amico”, in Marchenoir a cura di A.Bacianini e A.Madamma, 2012).
Recensire Massimo Carlotto mi dà gioia e ansia insieme. Condivido molte sue convinzioni; altre no. Ma procediamo per gradi.
The Black Album. Il noir tra cronaca e romanzo (Carocci 2012) è un prodotto interessante e inquietante. Interessante per chiunque si interessi al noir, alla cronaca e al romanzo: una volta superata l’introduzione di Marco Amici, molto scolastica e puntuale ma banalizzante e assolutizzante (davvero Massimo Carlotto è il principale esponente della narrativa noir in Italia? Davvero è necessario - ancora, nel 2012! - partire da Poe per parlare del noir? Davvero la Grimaldi ha ragione quando dice che il giallo ha delle regole e il noir no? E davvero è il caso di citare Petronio come se fosse uno studioso che scrive nel 2000? ecc.), ci addentriamo nel cuore del discorso, che sintetizzo in 4 punti: 1, l’obiettivo di queste narrazioni è fornire ai lettori degli strumenti per comprendere la realtà; 2, in Italia i processi vengono celebrati contemporaneamente nelle aule dei tribunali e nei talk show televisivi (quando non prima nei secondi); 3, in Italia la TV abusa dell’espressione “giallo” cosicché ogni fatto si tinge impropriamente di “giallo”; 4, il compito della letteratura oggi è registrare la mutazione antropologica che sta avvenendo nella nostra società. Sante parole, ma dov’è il noir?
Il noir classico occhieggia qua e là nella memoria storico-letteraria (l’hard boiled… la série noir…) ma il noir di oggi viene appena sfiorato e confinato a chi scrive romanzi d’inchiesta (per esempio su stragi, mafia, ecc.). Concordo con Carlotto che la narrativa noir debba respirare l’aria nuova del new Italian epic, e soprattutto che oggi debba/possa trasformarsi da letteratura della crisi in letteratura del conflitto – ma il gioco di raccontare tutta la verità non basta. Che dovremmo dire allora di Delitti imperfetti di Luciano Garofano che narra le gesta dei RIS? Lì c’è la verità, tutta la verità, e forse c’è anche l’epica, ma non c’è il conflitto. Prendiamo al contrario Undicesimo comandamento: uccidi chi ti ama di Elena Mearini: a fatica troveremo un linguaggio più lirico e meno documentaristico del suo per raccontare la realissima e italianissima (e invero poco epica) brutalità quotidiana della violenza sulle donne. E’ vero che il noir è contro narrazione, ma non è vero che in Italia non ci sono scrittori noir: diciamo piuttosto che NON sono quelli che troviamo sugli scaffali delle librerie con fascette su cui c’è scritto NOIR. Sono più difficili da trovare, ma ci sono: qualche titolo? A parte Abracadora della Murgia – concordo con Carlotto anche in questo, con buona pace dell’autrice!) – mi vengono in mente dei veri gioielli come Il paese di Saimir di Varesi, Acqua Storta di Carrino, Cattivo di Berselli… perché nessuno parla mai di queste contronarrazioni?
La seconda parte del libro, che pure, arrivata a p. 50, mi sembrava promettente, pecca purtroppo a mio avviso di eccessiva autopromozione. E questo è il lato inquietante di Black Album. Capisco che Carlotto è intervistato proprio a questo scopo, ma cita davvero troppo i suoi romanzi, il suo lavoro, i suoi personaggi. Questo andrebbe bene, a mio avviso, in una presentazione davanti a un pubblico che fa domande, ma credo che in questo contesto, anche a partire dal titolo, il lettore abbia il diritto di aspettarsi qualcosa di diverso. Invece si trova di fronte a un autore ingombrante, come se a un concerto ci trovassimo davanti a un direttore d’orchestra che spiega la sua musica, o a un vernissage il pittore di turno ci spiegasse cosa vogliono dire i suoi quadri.
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