“Dovunque ci siano i soldi, c’è la possibilità di fare affari sporchi. Dovunque ci siano debolezze, la malavita penetra come una lama nel burro. Nel calcio, non solo in quello minore, coesistono entrambe le cose. Logico dunque che certi business continuino a riproporsi, peraltro senza bisogno eccessivo di cambiare volto. Basta un maquillage ben fatto”.
Inizia cosi con la testimonianza di Luigi, scommettitore professionista (una fonte affidabile visto che già in passato aveva fornito informazioni sulle scommesse ippiche e le sue dritte avevano trovato riscontro in “fonti ufficiali”), ne Pallone criminale di Simone Di Meo (giornalista de Il Giornale, Il Sole 24 Ore e Panorama; ha scritto anche per Il Tempo, Antimafia Duemila, Roma e Cronache di Napoli.) e Gianluca Ferraris (giornalista di Panorama; segue dall’inizio le indagini su Scommessopoli e ha già pubblicato diverse inchieste sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel mondo dell’azzardo). Partendo dall'ultima inchiesta che ha investito il mondo pallonaro, denominata Last bet, i reporter evidenziano quanto sia radicata la penetrazione della mafia nel mondo del calcio attraverso testimonianze, interviste, retroscena, materiale investigativo inedito e informative della polizia.
“La vera novità dell'inchiesta Last Bet è rappresentata dal ruolo che nell'affare delle scommesse rivestono esponenti riconducibili alla criminalità organizzata slava: un ruolo per la prima volta non più confinato a quello di semplici picchiatori o esattori, ma di mediatori e facilitatori veri e propri”.
Le ragioni che spingono la malavita ad interessarsi al mondo del calcio sono essenzialmente due, come spiegano bene i cronisti nel capitolo “Le mani sul club”:
1) Il riciclaggio: la crisi di liquidità del calcio italiano fa sì che quando una squadra di calcio è indebitata e si presenta un nuovo investitore con denari liquidi nessuno gli osa chiedere: “da dove vengono i soldi?”, senza contare che il presidente della squadra è solo preoccupato di presentare ai tifosi il colpo di mercato e di “dare in pasto alla folla un nuovo attaccante”.
2) La popolarità: essere inseriti nel mondo del calcio consente ad un clan di stringere nuove alleanze, incrementare il proprio prestigio, fare affari; non solo perché il rito della partita genera “forti benefici immateriali per chi investe. I club sono profondamente radicati nella società.”
Non solo inchieste racconta il libro: la sezione dedicata ai “Legami pericolosi” racconta di scudetti venduti, di foto scottanti (“un’immagine ritrae il giocatore più forte al mondo [Maradona] e uno dei capi della Cupola camorristica comodamente seduti in una vasca da bagno a forma di conchiglia”), di frequentazioni pericolose tra camorristi e calciatori del Napoli, della medaglia d’oro di settanta grammi consegnata dal calciatore Juary in un’aula di tribunale al boss Raffaele Cutolo e della strana morte di Denis Bergamini (storia già raccontata da Carlo Petrini ne “Il calciatore suicidato”), che aveva al polso un orologio “che continua a funzionare dopo che il ragazzo si è gettato sotto un camion in corsa, che dopo averlo schiacciato sotto le ruote e trascinato per qualche decina di metri è infine ripassato sopra il suo corpo con una goffa retromarcia”.
Un libro-documentario che svela il dietro le quinte di un mondo che, nonostante tutto, continuerà ad andare avanti e a fruttare soldi, perché il “pallone continuerà a rotolare sui campi da calcio anche stavolta, su questo non c’è dubbio…. Ma farlo rotolare in modo decoroso è un dovere di tutti.”
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