Solo quando fu accanto al guidatore estrasse da sotto la cerata la semiautomatica S&W. Jorge fece lo stesso dall’altra parte, dal lato del passeggero.

I due bulgari nella cabina scesero in silenzio, con le mani in alto.

Nightshade requisì le loro pistole. Fu Jorge a parlare, in spagnolo, supponendo che lo capissero. «In ginocchio, mani dietro la testa. In quanti siete sul camion?»

Nessuno rispose.

«Quanti?» insistette Jorge, con la pistola alla cintola, mentre immobilizzava i polsi di uno dei due con diversi giri di nastro adesivo.

Nightshade era davanti a loro, impegnata a tenerli sotto tiro. Finché restava zitta, con indosso la cerata informe nessuno avrebbe capito che era una donna.

Jorge mise un pezzo di nastro adesivo sulla bocca del primo, gli appoggiò uno scarpone sulla schiena e lo costrinse e sdraiarsi a terra a pancia in giù. Poi passò all’altro, sfilò la S&W dalla cintola gliela spinse contro la nuca. «Preferisci il nastro adesivo o un proiettile? Con un colpo faccio prima. Quanti siete?»

«Due», rispose il bulgaro. «Ce ne sono altri due.»

«D’accordo.» Jorge ripeté l’operazione con il secondo bulgaro, poi rimase a sorvegliare i due mentre Nightshade andava verso il retro del camion.

Nick bussò al portello posteriore con la canna della sua pistola, poi gridò. «Slizam!»

Dopo qualche secondo il retro del camion si aprì e comparvero altri due uomini, che osservarono perplessi le figure in nero con il passamontagna e le pistole. Non tardarono a capire che stavano per essere rapinati.

Balzarono a terra. Uno dei due non resistette alla tentazione di mettersi a correre, ma dopo un paio di metri un proiettile di preavviso sparato dall’alto delle rocce sollevò uno sbuffo di sabbia davanti a suoi piedi. L’uomo si immobilizzò.

Mentre Nick conduceva i due davanti al camion, Nightshade saltò a bordo. Il vano di carico era vuoto, eccezion fatta per due coperte, una lampada e una valigia, che lei aprì.

Dollari. Il pagamento per le armi.

Mercy prese la valigia. Jorge tolse le chiavi dal cruscotto del camion e se le mise in tasca, poi il gruppo si diresse verso la strada.

Il rumore del mare. La pioggia che batteva sul metallo dello Scania. Per il resto, silenzio.

Passò qualche minuto, poi quello che aveva tentato la fuga poco prima strisciò sulla sabbia, cercando di raggiungere uno dei suoi compagni.

Un altro colpo di fucile: il proiettile arrivò sulla sabbia, a una decina di centimetri dalla faccia dell’uomo. Anche stavolta, dall’alto delle rocce, l’Heckler & Koch PSG-1 lo aveva convinto a desistere.

Angel sorrise, rialzandosi in piedi per andarsene. Prima o poi ci avrebbero riprovato, avrebbero capito di non essere più sotto tiro e si sarebbero liberati. Ma intanto lui e il resto della squadra avevano tutto il tempo di allontanarsi. Tutto molto semplice, come aveva promesso Nick. Molto meglio che essere in Afghanistan, pensò Angel.

10

Madrid, 31 dicembre

Il Gran Hotel Noble Madrid era un palazzo alto quindici piani, interamente rivestito di vetro marrone scuro. Le stanze erano accoglienti, eleganti e anonime: poteva essere un qualsiasi albergo di lusso in qualsiasi città del mondo, fino a quando non si scostavano le tende e non si vedevano le luci della Gran Via, fuori dalla vetrata a tutta parete.

Mercy indossava un abitino azzurro comprato in una boutique di Ibiza, con abbondanza di pizzi secondo la tradizione dell’isola, anche se il taglio era moderno e decisamente sexy. Si era tirata indietro i capelli castani, raccogliendoli in uno chignon; così lisci e lucidi sembravano più scuri del solito.

Sentì bussare e andò alla porta. Aprì a Jorge Romero. Sulla fronte, sotto i capelli grigi, gli si disegnò un reticolo di rughe. «Ogni tanto sei proprio il ritratto di tua madre», disse. Era sempre molto restio a parlare di Valeriana, quasi come se ne tenesse il ricordo protetto, sotto chiave. «Pronta?»

Lei annuì.

Jorge indossava il vestito scuro, la cravatta nera e la camicia bianca con cui si presentava spesso a La Colombiana. I capelli corti e i baffi brizzolati ingentilivano i tratti del suo viso rispetto alle foto di fine anni Settanta, in cui aveva l’aspetto di un brigante di altri tempi. Non a caso a Siviglia era conosciuto come El Rey, il re, per la sua abilità nel maneggiare la navaja. «Allora andiamo.»