In questi giorni quotidiani e telegiornali, trattando del maggiordomo di Benedetto XVI accusato di aver fatto trapelare “segreti” vaticani, si sono rimbalzati un unico curioso epiteto: il Corvo.

Identificare vizi umani con nomi di animali è antica usanza, ma finora era più facile sentir chiamare “talpa” chi dall’interno fa trapelare informazioni a chi di dovere. Come mai la scelta di questo nome?

Ci spiega tutto, per filo e per segno, Francette Vigneron nel suo saggio appena apparso in italiano per la casa editrice Nutrimenti: Le calligrafie del Corvo (L’Oeil de Tigre. La vérité sur l’affaire du Corbeau de Tulle, 2004).

  

Dalla quarta di copertina:

Una cittadina francese, Tulle, agli inizi del secolo scorso. Una provincia un po’ appartata, un posto come tanti, con la quiete dei vicoli e l’animazione delle piazze, il mercato e la cattedrale, e la Corrèze, il fiume placido costeggiato di alberi ombrosi. Tulle, abitata da distinti borghesi, e da antiche famiglie di artigiani e commercianti. Tulle, una provincia tipica, in cui le velleità urbane convivono con le radici contadine. Un luogo tranquillo, insomma. Che cosa potrà mai accadere di straordinario nella placida, anonima Tulle?

È il 1917 quando la prima di una lunga serie di lettere anonime, firmate “l’Occhio di Tigre”, comincia a incrinarne la calma apparente, prima in maniera sotterranea, poi sempre più eclatante, sollevando il coperchio su un groviglio di vizi veri o presunti, che sembrano concentrarsi all’interno della più severa istituzione cittadina, la Prefettura, e che disseminano odio e oscenità fino a causare la morte di due innocenti.

La vicenda che tenne la Francia con il fiato sospeso, scuotendo l’opinione pubblica e chiamando in causa le voci dei più autorevoli medici e scienziati dell’epoca, terminò con un processo fra i più celebri del secolo.

Chi era dunque l’uccello del malaugurio, l’oscuro firmatario delle migliaia di lettere vergate a mano che per cinque lunghi anni tenne in scacco un’intera comunità?

Una vicenda realmente accaduta, un celebre caso giudiziario che durante l’occupazione tedesca della Francia ispirò a Jean Cocteau la pièce teatrale La macchina per scrivere (1941), e a Henri-Georges Clouzot il film Il Corvo (1943), ricostruita dall’autrice su documenti dell’epoca con l’accuratezza del migliori storici e l’abilità di una scrittrice di noir.

  

Francette Vigneron è nata a Parigi nel 1954. Dopo una carriera come giornalista si è consacrata alla scrittura saggistica, occupandosi di misteri e storia del crimine. Ha pubblicato La Bête du Gévaudan (2006) e, insieme a Franck Meynal, L’Affaire des chiens d’Egletons (2009).

   

Le calligrafie del Corvo di Francette Vigneron (Nutrimenti), 424 pagine, euro 19,50 - ISBN 978-88-6594-052-5 (in ePub: 978-88-6594-053-2; in MobiPocket: 978-88-6594-054-9) - Traduzione di Laura Berna, con un contributo di Goffredo Fofi