Sulla fascetta rosso cardinale in stampatello “UN CASO EDITORIALE IN VETTA ALLE CLASSIFICHE”, in quarta “VINCITORE DEL PREMIO ROBERTO ROSSELLINI” (miezzeca!) insieme a giudizi esaltanti. In copertina cinque euro su un bollino rosso. Prezzo e qualità in ottima sintonia, mi sono detto. Meglio non lasciarselo scappare Il carnefice di Francesca Bertuzzi, Newton Compton 2012, con la foto dell’autrice in terza che ti stampa un sorriso accattivante.
Chiusura di un bar a San Buono. Mentre il proprietario, Drug Machine, se ne ritorna a casa, Danny, la barista sua amica, una negra di origine africana, viene aggredita da un bestione con i denti marci e l’alito da cloaca massima. Salvata da Drug ritornato indietro evidentemente spinto da un brutto presentimento. Trentacinque anni, enorme, faccia da figlio di puttana, lentiggini a dargli un’aria da bambino. Non vi dico la fine del povero assalitore.
Due parole su Danny. Un bel tocco di figliola venuta dall’Africa centrale con la madre e la sorella Khanysha, “aiutati” da fratel Pio che si sbatteva regolarmente la madre come prezzo per il suo “aiuto”. Morta la sorella di meningite e la madre praticamente di dolore rimane sola con il cane Huan a farle compagnia. Al ritorno dall’ospedale, causa del bestione, trova un messaggio con il quale Khanysha chiede aiuto. Allora è ancora viva? Chi ha redatto il certificato di morte ha mentito? (la ragazza era stata messa nella bara senza essere fatta vedere ai familiari). Iniziano le indagini con Drug e con l’amico Mariolino che lavora nella polizia. Intanto c’è da pagare un bel malloppo alla fascinosa di turno, Bonnie, che sembra sappia molte cose.
Aggiungo scena di sesso lesbico, traffico di pietre preziose e di povere ragazzine sfruttate. Scontro finale con pistolettate da tutte le parti.
Qualcuno ha citato Lansdale, qualcuno il pulp. Mi è venuto un groppo in gola. Per Lansdale, per il pulp e per chi ha citato Lansdale e il pulp. Una storia buttata giù per cercare di farci due risatine con il bulldozer Drug Machine a darle di qua e di là.
Una specie di goliardata scimmiottatrice di certe letture movimentate, di certe pagine fumettistiche senza averne la potenza creativa con citazioni e battutine sparse come cacarelli di pecora in aperta campagna. Anche la parte più toccante (che dovrebbe essere più toccante), il traffico delle povere bambine, si perde e sbiadisce nella brodaglia della scrittura a volte spaventosamente ingenua.
A fine lettura ho visto (prima non lo avevo notato) in copertina la collana della casa editrice in cui è stato pubblicato il libro: “Gli insuperabili”.
Mi è rivenuto un groppo in gola.
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