Recentemente Maricetta Barbaro si è laureata in Filologia ugro-finnica con una tesi davvero particolare: Immaginario sciamanico in «Fuego» di Marilù Oliva.
«Quello che colpisce non è solo lo stile descrittivo ed accattivante dell’autrice, - si legge in un estratto, - ma è soprattutto il sapere sciamanico che trapela dal romanzo. La natura, per esempio, viene descritta in maniera dettagliata e, spesso, è antropomorfizzata. Partecipa alle emozioni, al dolore, al sentire della protagonista Elisa Guerra, detta La Guerrera. Il soprannome le è stato dato nei locali di salsa, dove è comune dare degli appellativi. L’ambientazione è nel centro cittadino bolognese, che sostituisce quasi il mito della foresta/labirinto (all’inizio del romanzo la protagonista sente addirittura un “retrodore di bosco”) e nella periferia dove sono collocati i locali di salsa. Tutti luoghi che contribuiscono a rispecchiare il mondo interiore dei personaggi».
Com’è nata questa scelta? E cosa si prova a vedere un proprio lavoro divenire tesi di laurea? Lo abbiamo chiesto tanto alla laureata quanto all’autrice, Marilù Oliva.
Maricetta, com’è nata l’idea di una tesi di laurea su un romanzo contemporaneo come "Fuego"?
La scelta è ricaduta su Fuego [Elliott Edizioni 2011], innanzitutto perché mi ha dato la possibilità di proseguire gli studi sullo sciamanesimo e sui motivi kalevaliani nei romanzi (in Fuego viene citato il Kalevala, il poema nazionale finnico), che avevo fatto per la mia prima Laurea Quadriennale in Lingue e, poi, perché un romanzo italiano e per di più contemporaneo offre la possibilità ai lettori di riflettere sulla figura dello sciamano che, nella società odierna, si presenta come soggetto difficile da comprendere e, infine, perché dà la possibilità di tenere presente l’importanza dei riti di passaggio, dell’incontro col limite/confine. Tutte le transizioni sociali, infatti, nel passato erano accompagnate da una ritualità collettiva. Alcune (come il matrimonio e la morte) le abbiamo mantenute, altre (come il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta) le abbiamo perse e la perdita del rito significa che l’individuo si trova da solo ad affrontare il cambiamento ed è più vulnerabile. Oggi è la letteratura ad offrirci attraverso le avventure dei protagonisti l’esperienza dell’iniziazione e nel romanzo di Marilù Oliva ci sono diverse prove iniziatiche.
Marilù, cosa si prova a vedere una propria creazione diventare argomento di tesi di laurea?
Quando Maricetta mi ha comunicato il suo intento, mi sono sentita estremamente onorata sia perché la stimo molto e so che è una lettrice esigente, sia perché la sua relatrice, professoressa Corradi Musi, è una delle massime studiose di sciamanesimo nel nostro paese e il correlatore, professor Gino Ruozzi, è stato mio professore di didattica di letteratura italiana, quando frequentavo l’Università, ed è uno dei docenti che ricordo con più ammirazione. In questi mesi ho seguito la tesi con trepidazione e il giorno della laurea - la seconda! - ero turbata quasi quanto la laureanda.
Maricetta, puoi raccontarci, in parole povere, qualche punto della tua tesi?
Nella mia tesi parto dallo studio delle possibili radici celtiche della città di Bologna, fondamentale, a mio avviso, nella formazione culturale dell’autrice. Segue, poi, l’approfondimento del tema dell’iniziazione e, nello specifico, il motivo del fuoco che dà il titolo al romanzo.
Quello che mi ha colpito in Fuego è la presenza di veri e propri riferimenti alla cultura sciamanica: in casa di Massimiliano Busi, trovato morto nelle campagne di Castenaso e ucciso in circostanze misteriose, vengono trovati il Kalevala e alcuni saggi specifici sui druidi e lo sciamanesimo. Nell’incipit del capitolo conclusivo del romanzo, inoltre, viene raccontato il mito di Toåt-Śiśkwė, la dea del fuoco nell’ambito vogulo siberiano, che guidava nell’aldilà gli spiriti dei morti, anche degli animali. Il mio compito è stato quello di sviscerare tutte queste tematiche in un’ottica pluridisciplinare.
Marilù, hai letto la tesi completa? Ci ritrovi il tuo personaggio (e magari anche te stessa)?
Certo! L’ho letta e riletta con molta emozione. La tesi è bellissima, mi sono divorata ogni pagina con voracità e ho imparato diverse nozioni sullo sciamanesimo di cui ero all’oscuro. Maricetta ha svolto un lavoro inappuntabile. La tesi è scritta con stile accademico ma non pedante, fluido, è impreziosita da notevoli approfondimenti sullo sciamanesimo a sostegno di un’indagine - le tinte sciamaniche nel romanzo Fuego - che è sorta da un’intuizione dell’esaminata e che si è rivelata esatta.
Non solo ho ritrovato il mio personaggio, ma ho anche scoperto delle sfumature che non immaginavo e delle corrispondenze cui non avevo fatto caso. Ti faccio un esempio. C’è una parte in cui lei sostiene
che «Fuego si configura la metafora del viaggio in un mondo essenzialmente naturale». Ora questo io non l’avevo calcolato o forse l’avevo portato avanti inconsciamente – l’intera trilogia rappresenta un viaggio, coi suoi ostacoli e i suoi approdi – ma non l’avrei definito così a fondo come Maricetta l’ha argomentato:
«Fuego è un vagabondaggio che mira alla ricerca della verità e di conoscenze superiori, ma anche all’acquisizione di una visione complessiva ed obiettiva della realtà, per superare una qualsiasi crisi di valori». O anche il parallelismo con le fiabe e mille altri rimandi. Le piante, il significato subliminale delle mie piante... chi lo immaginava? Però leggendo la sua esegesi, mi veniva da stupirmi prima e da annuire poi. Posso fare un altro esempio? Ho scorto un’interpretazione meravigliosa della narrazione: «Il linguaggio metaforico di Marilù Oliva dà voce a dimensioni simboliche di grande interesse, richiamando così un costante bisogno interpretativo. La scrittrice ama suggerire riflessioni più profonde, che rimandano ad uno scenario collettivo e non propriamente individuale. Mette in moto ragionamenti personali della protagonista, costringendo il lettore ad interrogarsi più approfonditamente su aspetti non immediati, che difficilmente si colgono se non ci si ferma appositamente a decodificare il messaggio intrinseco, portatore di una verità ben più ampia e ricca di interessanti spunti culturali. Il “retrodore di bosco” che, per esempio, Elisa sente per le vie del centro cittadino e questo continuo riferimento alla natura rimandano alla simbologia della foresta, come emblema del regno incontaminato, dove l’uomo può vivere in simbiosi perfetta con la natura selvaggia. Essa rappresenta il “mondo altro” e non solo in senso mitologico».
Maricetta, pensi di trasformare il tuo lavoro in un saggio da pubblicare?
Mi piacerebbe molto.
Marilù, la parola finale spetta a La Guerrera: le piacerebbe essere studiata a questo modo? Cosa direbbe?
Lei detesta essere posta sotto osservazione e se sapesse che è stata oggetto di indagine di una tesi così precisa e approfondita, andrebbe su tutte le furie. Forse ci cercherebbe con l’intenzione di stenderci con due colpi di capoeira. Ma, dopo la lotta, ci allungherebbe una mano e ci porterebbe a ballare. Non ama mettersi a nudo – a meno che non abbia davanti un moreno, magari rimorchiato in discoteca e molto prestante – mentre Maricetta l’ha analizzata nei minimi dettagli, soprattutto nell’animo. Ne è uscita una creatura ancora più suggestiva di quella che pensavo.
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