La völva si inchinò all’Hekla. Lo fece con gentilezza, con ironia e con eleganza.

E di nuovo Kveld esultò e rise, vedendo che la marea nera e bianca di acqua, aria, terra e fuoco travolgeva la profetessa. Non rise per malvagità, ma perché si sentì sollevare il cuore in alto, vedendo che lei non smetteva di sorridere.

La völva abbassò le braccia e le aprì per accogliere il mare, e ancora acqua, fuoco, terra e aria si fusero, la fusero, si fusero in lei.

Era meraviglioso e spaventoso, ma la völva gli aveva detto che non c’era da aver paura. Era la fine di ogni essere, rimescolarsi con il mondo creato. Lei finiva in gloria, cavalcando l’Hekla come un’antica dea.

Kveld tremò di orrore e di gioia.

E infine ci fu la stanchezza dei sentimenti e ancora il vuoto, e fu solo in mezzo ai morti, con la moneta dal valore ignoto in una mano e l’ascia di Egill nell’altra.

FINE DEL PRIMO CAPITOLO

Per conoscere il seguito dell’avventura di Kveld, Il Cavaliere d’Islanda vi aspetta in libreria.

© 2012 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano