Erano gli anni Cinquanta quando la storica collana I Romanzi del “Corriere” - lanciata dal quotidiano il Corriere della sera - presentava ai lettori storie gialle con fortissime venature nere, storie che sarebbero state dimenticate se ogni tanto I Classici del Giallo Mondadori non le avessero recuperate.
Risale al 1957 (I Romanzi del “Corriere” n. 18) la prima ed unica apparizione italiana di questo incredibile e particolare romanzo di John Bingham, autore dimenticato in Italia appena superati gli anni Cinquanta. (Con l’eccezione di un suo romanzo, Ho spiato una sola volta, apparso in Segretissimo nel 1970.)
Mi chiamo Michael Sibley torna in edicola dopo 55 anni e non mostra né rughe né smagliature: si assapora tutto il gusto del giallo-noir ma soprattutto il sapore di una storia ben congeniata e ben scritta.
«Dov’era la sera e la notte del 28 maggio, quando il signor Prosset è stato ucciso?» mai come in questo caso una domanda così classica, nelle storie gialle, è gravida di consequenze.
L’omicidio sembra uno dei tanti. «John Prosset, di Oxford Terrace, Londra, era stato rinvenuto fra le rovine bruciate di una villetta di Ockleton, nel Sussex», ma lo stesso è un caso scottante per Michael Sibley, che è stato l’ultimo a vedere la vittima viva.
Sibley, l’io narrante del romanzo, è un giornalista della “Gazette” di Palesby che - lo racconta lui stesso - vive una vita agiata, tranquilla e davvero invidiabile. Ha un lavoro che gli piace, scrive nel tempo libero riuscendo a vendere i suoi racconti ed ha una fidanzata che lo adora, ricambiata. Incidentalmente è stato compagno di scuola di John Prosset, anche se dopo i due hanno preso strade diverse. «Ogni tanto ci scrivevamo. Naturalmente quando sono tornato a Londra, l’anno scorso, ho avuto modo di trovarmi con lui. In particolar modo in questi ultimi mesi».
La dinamica dell’omicidio è poco chiara e alla polizia Sibley evita di dire che sia lui che la propria fidanzata, separatamente, avevano visto la vittima la notte prima. Perché stare ad impelagarsi in interrogatori scomodi e sgradevoli? Visto che nessuno dei due ha qualcosa a che vedere con l’accaduto, perché stuzzicare la curiosità degli inquirenti? Kate, la fidanzata del protagonista, è dubbiosa ma lui è inflessibile: non vuole che la donna riveli di aver visto (da sola) l’assassinato. «Mi parve di vederla mentre, dritta al banco dei testimoni, rispondeva a domande e a sottili insinuazioni. I giornali avrebbero stampato la sua deposizione, avrebbero pubblicato la sua fotografia. E in ufficio i miei colleghi mi avrebbero guardato ironicamente, avrebbero fatto su Kate battute di bassa lega...»
Come si dice, però? Le bugie hanno le gambe corte, cortissime. Ma anche che le bugie sono come le ciliegie: una tira l’altra...
Con uno stile fluido e accattivante, Bingham ci guida per mano nella ragnatela vischiosa che diventa ben presto la situazione del protagonista agli occhi degli inquirenti, che scambiano le sue bugie per tentativi di sfuggire alla giustizia. (E come dar loro torto?)
Con sorprese continue, inframmezzate da lunghi flashback che fanno capire l’agire del protagonista, Mi chiamo Michael Sibley è un romanzo ad orologeria in cui nulla è come sembra e il lettore non sa mai, fino alla parola finale, di chi fidarsi realmente.
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