È davvero difficile racchiudere in poche righe la produzione artistica di Claudia Salvatori, autrice genovese che è cresciuta nel mondo del fumetto - per Skorpio e Lanciostory prima di diventare prolifica sceneggiatrice di Topolino - per poi nel 1985 sfondare anche nel mondo della narrativa. Pluripremiata, i suoi romanzi spaziano dal giallo al thriller, fino a misurarsi con un personaggio seriale particolarissimo: Walkiria Nera.
Presentato nel numero 1526 di Segretissimo (2007), Walkiria Nera. La genesi del male tiene a battesimo un personaggio che sin da subito incontra il favore del pubblico, tanto che l’anno successivo lo si ritrova nel racconto Rifiutato dal mare (in Legion, SuperSegretissimo a cura di Fabio Novel) e nel secondo romanzo Walkiria Nera. Golden Dawn (Segretissimo n. 1537).
In questi giorni nelle edicole italiane arriva il terzo attesissimo episodio, Walkiria Nera. Progetto Lebensborn (Segretissimo n. 1586), ma nel frattempo la Salvatori è pronta a regalare - il 27 aprile prossimo - un’altra grande opera: il romanzo storico Il Cavaliere d’Islanda (Mondadori).
Abbiamo incontrato la scrittrice per parlare di tutte queste novità.
Cominciamo con Walkiria Nera: come descriveresti il tuo personaggio a chi vi si accosti per la prima volta?
Probabilmente direi: prova a immaginare di essere una giovane ragazza tedesca che non sa nulla di quanto sarebbe accaduto dopo gli anni ’30, che per carattere e circostanze di storia personale si trovi a credere nel nazionalsocialismo come mezzo per realizzare le sue aspirazioni e raggiungere la felicità. È difficile, è quasi impensabile. Ma ci sono state epoche in un passato recente, o molto antico, in cui gli esseri umani crescevano e vivevano con un’altra mente rispetto alla nostra.
Per tutti, in ogni caso, è sempre stata in gioco la ricerca della felicità. Perfino gli inquisitori erano certi di rendere felici le loro vittime... mandandole con l’anima salva all’altro mondo.
Probabilmente direi a un eventuale nuovo lettore: prova a prendere le nazidocufiction, che sono diventate un vero e proprio genere di intrattenimento (contenente melodramma lirico, thriller, orrore, erotismo), spingi l’immaginazione un po’ più avanti ed entra nel contesto e vivilo.
Quando scrivo romanzi storici - sono ormai una decina d’anni, ho cominciato con Ildegarda. Badessa, visionaria, esorcista (Mondadori 2004) e con Walkiria Nera. La genesi del male (Mondadori 2007), ma già nei thriller che scrivevo per Marco Tropea Editore c’erano livelli temporali nel passato - adotto una tecnica forse diversa da quella usuale, neutra ed esterna, apparentemente oggettiva ma con un forte sapore di attualità (si insinuano nel messaggio punti fermi della nostra forma mentis, come il relativismo e lo scetticismo materialista). Il mio punto di vista è interno e appassionato. Scelgo un personaggio che uso come un veicolo per viaggiare nel passato. Certamente, anche attraverso di me filtrano vissuti moderni: è inevitabile. Sono sempre io, condizionata dal mio tempo, + quel personaggio. Ma cerco sempre di domandarmi: che cosa avrei pensato/fatto/scelto in quell’altro tempo e mondo?
Segretissimo ha avuto poche (ma buone!) eroine d’azione o di spionaggio: come ti sei trovata a lavorare in un mondo letterario che alcuni credono dedicato solo agli uomini?
Mi sono sempre trovata bene a lavorare in mondi letterari creati/rivolti a uomini. Ho uno spettro abbastanza ampio di corde che spaziano fra diversi generi. Ammesso che i generi siano sessuati, fra quelli maschili non praticherei il western tradizionale prima maniera e l’action thriller (non ho mai provato, non so se ne sarei capace, ma chissà). Ripensandoci, qualche fumetto western l’ho scritto [per esempio Benvenuti nella città morta, Skorpio n. 36, 1979]. Ho una mia idea sul thriller e l’horror, che secondo me sarebbero bisex, come i jeans e certi altri capi di abbigliamento.
Cosa puoi dirci di questo terzo romanzo dedicato a Walkiria Nera? Puoi anticiparci qualcosa?
Rischierei di svelare il finale...
Passiamo a “Il cavaliere d’Islanda”: com’è nata l’idea di affrontare un periodo così burrascoso (fra Crociate e quant’altro) e una figura quasi mitica come Riccardo Cuor di Leone?
L’idea di base era ricostruire il senso del catarismo e l’avventura catara nel sud della Francia, attraverso un personaggio-veicolo. Prediligo sempre, anche in storie ambientate nel passato, uno straniero, un emarginato, un escluso... diciamo un disadattato di grande talento e grande cuore. Il romanzo è di formazione e nello stesso tempo di peripezie. Spaziando in un arco di tempo di circa vent’anni, e arrivando alla battaglia di Muret [1213] e ai primi grandi massacri e roghi di eretici, quando Kveld (il mio islandese) sbarca in Inghilterra è fatalmente destinato a incontrare Riccardo Cuor di Leone. Un Riccardo già provato dalla terza crociata e dalle lotte con il fratello Giovanni senza terra e il re di Francia Filippo Augusto, ma soprattutto un Riccardo che incarna ancora il mito della cavalleria. L’ultimo di un mondo che sta scomparendo per lasciare il posto al nuovo mondo mercantile da cui verranno poi l’avvento della borghesia, la rivoluzione industriale...
Con i roghi dei catari va in fumo un’intera civiltà: la cavalleria, l’amor cortese, l’arte dei trovatori. Non potevano vincere, ma se avessero vinto vivremmo in un altro mondo. La battaglia di Muret avrebbe potuto cambiare la storia del cristianesimo in Occidente.
Nella trama ti sei attenuta fedelmente ai dati storici o ti sei presa qualche “licenza poetica”?
Mi attengo sempre fedelmente ai dati storici, e invento solo negli spazi che la storia lascia in ombra, o aperti alla libera interpretazione. Può non sembrare così. Mi hanno detto che la mia Messalina è inverosimile e il mio Eliogabalo agiografico. Se si facesse attenzione, confrontando attentamente le fonti con quello che ho scritto (e ovviamente non si fa perché sarebbe una gran rottura) si vedrebbe quanto poco ho inventato. Può sembrare che abbia inventato, ma è un effetto dovuto alla mia diversa visione. Non sono legata a presunzioni di realismo, perché considero i risultati della scrittura “realistica” aridi, deludenti, deboli... Andando per esclusioni (questo è esagerato, questo è troppo esaltato, ecc.) ci si riduce immancabilmente al minimo.
Però mi considero una visionaria. A volte ho la presunzione che le mie visioni siano più reali di un tentativo di ricostruzione realistica, sì. Ho avuto la presunzione di aver ragione su Messalina e su Eliogabalo.
Dopo aver partecipato al Romanzo di Roma (con “Il mago e l’imperatrice” e “Il sole invincibile”) hai cambiato completamente datazione: hai trovato differenze a trattare periodi storici così differenti?
In realtà Il cavaliere d’Islanda è precedente, l’ho scritto nel 2008. Non ho problemi a muovermi in epoche di valori forti, e sono attratta dai mondi antichi. Come dicevo, per trattare di vite ridotte al minimo abbiamo già il nostro mondo. Non sono mai stata veramente soddisfatta dei miei libri ambientati nella nostra epoca. Se dovessi scrivere dei secoli barocchi temo che finirei impantanata.
Ricordiamo in chiusura gli appuntamenti da non perdere:
- per tutto questo mese di aprile, in edicola, Walkiria Nera. Progetto Lebensborn (Segretissimo n. 1586)
- dal 27 aprile prossimo, in libreria, Il cavaliere d’Islanda (Mondadori).
- infine, sempre per Mondadori, è iniziata la ristampa economica dei titoli del ciclo Il Romanzo di Roma, in cui Claudia Salvatori ha partecipato con: Il mago e l’imperatrice (il romanzo di Messalina) e Il sole invincibile (Il romanzo di Eliogabalo).
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