Un esordio letterario ha sempre un gusto particolare, quello cioè della sfrontatezza di andare là dove un narratore navigato non oserebbe mai. Jørgen Brekke scrive quindi un thriller che un consumato autore di thriller non avrebbe scritto: un testo che sotto i canoni di genere nasconde un cocente amore per la letteratura e una passione profonda per Jorge Luis Borges - il Maestro argentino che in realtà è sinonimo di letteratura.
La biblioteca dell’anatomista ha un primo livello di lettura nel più riuscito dei thriller truculenti: un cadavere decapitato e scuoiato viene ritrovato a Richmond, nell’Edgar Allan Poe Museum, e un altro a Trondheim (splendida città norvegese), nella prestigiosa biblioteca Bunnerus. Cosa accomuna questi due terribili e macabri omicidi? E cosa c’entra con loro Jon Vatten, addetto alla sicurezza dal passato oscuro («aveva un dottorato di ricerca su nientemeno che Archimede, eppure lavorava come guardiano della biblioteca universitaria») che passa le notti stilando un corposo quando personale studio su Edgar Allan Poe?
Nel frattempo, l’autore intercala la narrazione portando il lettore indietro nel tempo, tanto in Norvegia quando in Italia, raccontandoci la vita di un allievo del misterioso Maestro Alessandro. Visto che i cadaveri di oggi sono stati scuoiati con lo stesso coltello del cinquecentesco Alessandro, il mistero - come si dice in questi casi - si infittisce.
Parallelamente alla trama thriller, Brekke porta avanti una sua personale missione: quella di comunicare al lettore la grande passione per lo scrittore Edgar Allan Poe. Così abbiamo gustosi aneddoti e informazioni che solo un grande appassionato può aver raccolto, e che soprattutto solo un grande appassionato può raccontare in modo così coinvolgente.
Ma al di sopra del thriller e di Poe - «sovra li altri com’aquila vola» direbbe Dante – c’è lui, il poeta di Buenos Aires il cui spirito è penetrato in ogni atomo di letteratura. La passione di Brekke per Borges è non dichiarata ma traspare chiaramente, tanto da portare l’autore a vere e proprie finzioni letterarie degne del Maestro argentino.
Non sveliamo nulla, ma il lettore è messo in guardia: ciò che è vero e ciò che è letterario non hanno una vera distinzione netta, ma - parafrasando la frase che Borges studiò più di tutte - possiamo dire che il centro della letteratura è ovunque e il suo perimetro in nessun luogo.
Nel gorgo della finzione finisce anche la realissima biblioteca Gunnerus di Trondheim. «Le lamiere color ruggine erano probabilmente state scelte in modo da ricordare la pelle di vitello del dorso dei libri». Qui in un deposito blindato riposano «gli scritti più preziosi della biblioteca, frammenti di pergamene medioevali, libri d’ore, prime edizioni di Tycho Brahe, Cartesio, Holberg e Newton, cose del genere». Oltre, ovviamente, ad un affascinante pseudobiblion: quel Libro di Johannes fondamentale ai fini della trama.
La biblioteca dell’anatomista è un romanzo appassionante - splendidamente tradotto da Alessandro Storti - che ha il coraggio di fondere i puri canoni del thriller con la magia della finzione letteraria. Forse con il tempo Jørgen Brekke perderà questo ardore da esordiente ed opterà per bestseller più incentrati sul thriller, ma una cosa è sicura: non potrà mai perdere l’amore per la letteratura.
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