Si avvicina il mese di maggio e si fa imminente il progetto Professionista Story, una serie di ristampe ragionate ed ampliate grazie alle quali Segretissimo proporrà in ordine le avventure di Chance Renard. Il Professionista non è morto è un romanzo che pare strizzare l’occhio ai lettori e sembra stabilire in questo 2012 l’anno zero del personaggio: si contano i vivi sul campo di battaglia, si spiegano le strategie e via, si riparte per mille nuove avventure.

«Lo spionaggio è un’arte da gentiluomini ed esperti», viene detto nella storia: forse Chance non corrisponderà all’immagine del gentleman britannico, ma in quanto ad esperienza non si fa certo fregare. Nelle sue avventure in 17 anni di carriera il personaggio è cresciuto, si è aggiornato ma è sempre stato attento a non tradire il suo pubblico né la sua essenza.

In questo nuovo romanzo lo troviamo impegnato a concludere (apparentemente) le questioni lasciate in sospeso con Shaibat nel precedente romanzo, ma allo stesso tempo a portare a termine una missione nuova che si inserisce nell’universo letterario che Stefano Di Marino da anni sta creando: un universo in cui tutti i suoi personaggi letterari, apparsi in romanzi anche lontani nel tempo, trovano una perfetta collocazione.

Seguendo l’azione del Professionista in giro per l’Europa, fra la Svezia e i Balcani, il lettore affezionato riconoscerà mille citazioni e mille personaggi (compreso il fedele pugnale Tomarchio) che si incastrano alla perfezione; il lettore che per la prima volta si accosta al personaggio, avrà modo di avere un ritratto di Chance Renard, del suo mondo e dei personaggi che ha incontrato in tanti anni di vita spericolata.

    

Il Professionista - malgrado il drammatico finale del romanzo precedente - non è morto, anzi è più in vita che mai. La sua stanchezza, dovuta ad una vita intensa di dolore fisico e mentale, è la sua forza vitale: ogni ferita gli dà grinta ed ogni fallimento gli allunga la vita!

Con una scrittura complessa, una trama intricata ma una presa diretta ed efficace sul lettore, l’autore dimostra una volta di più che la spy story non è né letteratura d’evasione (nell’accezione negativa che troppi critici amano darle) né leggera (idem): è letteratura e basta. Inutile cercare (come molti fanno e faranno) una categoria letteraria per Stephen Gunn: pulp, di genere, action... È tutto e niente di tutto questo. In una parola, è un autore di ottimi romanzi.

    

«Forse aveva letto troppi romanzi d’avventura, visto troppi film che gli avevano riempito la testa di romantiche fantasie». Va assolutamente ricordato che al contrario di tutti i suoi colleghi letterari, Chance Renard legge e vede film. Quale spia, nella storia, si è mai fermata a leggere un libro? Chance l’ha fatto e lo fa ancora.

In questo Il Professionista non è morto “contagia” anche la fedele Caterina (la Bimba), che durante la preparazione di una missione sta leggendo il primo tomone della trilogia di Stig Larsson.

«Era meglio quando lavoravo da solo»: questo il divertito e divertente commento di Chance alle prese con le bizze e le manie di una squadra che cresce di numero e di problemi. Ma ormai il Professionista è un eroe solitario solo nelle storie brevi (come quella che arricchisce il volume in edicola: Un mestiere difficile), perché ormai l’universo letterario di Di Marino è talmente vasto che bisogna essere una squadra per poter sperare di gestirlo.

  

Impossibile, infine, non citare il fatto che Chance ormai si accende il sigaro «come gli aveva insegnato il suo amico Carlo Medina», personaggio nato dalla penna di Andrea Carlo Cappi e finito anche nel mondo di Gunn: «senza aspirare lasciando che il tabacco prendesse prima della boccata iniziale». Sigaro e vodka sono dotazione obbligatoria del Professionista ed anche di fronte all’inferno se li gusterebbe. Perché in fondo saprebbe che anche da lì tornerebbe indietro, «ripescato dal regno dei morti più per dannazione che per miracolo».